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Project Manager e Leadership: guida pratica
Le migliori strategie per diventare un capo progetto di successo, definire un proprio stile di leadership e centrare i propri obiettivi.
Per diventare un vero leader, il Project Manager può seguire la pratica guida in 14 mosse di James P. Lewis: Project Leadership (edizioni Mc Graw-Hill).
Stili di leadership. Leader non si nasce necessariamente, lo si diventa anche. Questo capitolo offre una panoramica sui diversi stili operativi, in linea con i diversi temperamenti e modi predominanti di pensiero.
La figura del Project Manager
Sgombriamo subito il campo da un interrogativo ovvio: qual è lo stile di leadership più efficace? La risposta è: “nessuno in particolare”!
Se è vero che è abbastanza raro, se non impossibile, osservare in un unico individuo il perfetto bilanciamento tra tutte le tipologie di temperamento e di stili di pensiero, allora è evidente che il compito di chi guida deve essere quello di associare ad ogni situazione il talento di chi meglio si confà alla stessa: il nostro leader, dunque, dovrà avere flessibilità e dovrà saper delegare.
Inoltre, al mutare delle circostanze dovrà mettere in atto un comportamento che abbia la maggiore efficacia prevedibile verso lo scopo prefissato, soprattutto nei riguardi del team. Questo, considerando contemporaneamente sia la natura del compito che una data persona dovrà svolgere sia la relazione da instaurare con la persona stessa.
Questi concetti sono stati schematizzati da P. Hersey e K. Blanchard in un modello noto come Situational Leadership: verificando se la persona designata è in grado di svolgere il compito assegnato e se è disposta a prendersi la responsabilità su quanto affidatole, è possibile selezionare il comportamento più adatto alla circostanza. Per cui, se la persona SA svolgere il suo compito e VUOLE prendersene in pieno la responsabilità dell’esecuzione, allora lo stile di leadership da adottare sarà quello di DELEGA, e così via.
Fonte http://www.pmi.it/
Quando il packaging diventa geniale
Oramai, è terminato il tempo in cui i prodotti venivano semplicemente imballati in un involucro meramente materiale per proteggerli dall’esterno. Oggi, invece, il concetto assume un’accezione molto più ampia, allontanandosi dalla fredda materialità dell’imballaggio. A tal proposito, si è soliti rifarsi al termine inglese packaging che – in una dimensione più aperta – comprende anche e soprattutto aspetti immateriali riguardanti prettamente la dimensione estetica. Va da sé che oggi gli imballaggi siano molto creativi, con l’obiettivo di catturare l’attenzione e l’interesse del consumatore per convincerlo ad acquistare il prodotto. Di conseguenza, capita sempre con maggior frequenza che persone meno attente scelgano prodotti più scadenti ma dal packaging più accattivante, spingendo le aziende a spendere più risorse per il design anziché per la qualità intrinseca delle merci.
A che punto è il social marketing ? Ecco i numeri e le sfide del futuro per i brand
I social media sono sempre più presenti nelle strategie di business delle imprese. Youtube e Facebook, tra tutti, hanno un ruolo predominante nelle preferenze delle stesse. Il Rapporto “The state of social marketing” realizzato da Simply Measured fotografa in modo puntuale quanto sta accadendo al mondo dei brand che si muovono, oggi, in un panorama che ha cifre impressionanti: oltre 2 miliardi di persone in tutto il mondo utilizzano i social media, il che vuol dire che il 28% della popolazione mondiale è interconnesso. Per le organizzazioni questa rete di connessioni presenta una grande opportunità per avere impatto su un numero senza precedenti di persone tanto che il social marketing è diventato una priorità per le aziende: secondo il report il budget disponibile per i social media rappresenta il 9,9% di quello del marketing digitale nel 2015, una cifra che è destinata a raggiungere il 22,5% nei prossimi cinque anni.
Le evidenze
Le principali evidenze che riguardano il rapporto tra brand/imprese e social media ci dicono che il trend è in crescita: non solo aumenta la disponibilità di budget ma cresce anche l’attenzione verso la creazione di team specifici, composti normalmente da uno a tre persone, che hanno esigenze distinte: strategia centralizzata e pianificazione, obiettivi di business, e infine, l’execution. La maggior parte dei social media team fanno parte dei settori marketing: il 49%, infatti, riferisce alla leadership del marketing.
Dimostrare il valore delle attività social, il ROI, resta il problema principale per il 60% dei social media marketers ma, paradossalmente, l’indagine rileva anche la mancanza di un’attività puntuale di social media analysis: solo il 22% dei marketer pensa che i dati dei social media abbiano un impatto effettivo sulle business.
Lo stato dei social
Il report passa poi ad analizzare singolarmente le piattaforme social in relazione ai brand: quelli presi in considerazione dall’indagine sono i brand compresi nella classifica Interbrand Top 100 Global Brands e, nello specifico, le imprese che hanno account globali o specifici per gli Usa che ne hanno fatto uso nel corso di aprile 2015. Quello che emerge per tale cluster è che YouTube batte tutti, seguito da Facebook e Twitter: sono loro quelli che attirano le maggiori attenzioni dei brand. YouTube è utilizzato dal 100% dei marchi presenti in classifica, con Twitter e Facebook che seguono a ruota. Reti più giovani come Instagram e Pinterest stanno guadagnando terreno.
Lo Stato di Facebook
Il 96% degli Interbrand Top 100 brand hanno un account Facebook dedicato e il 94% ha postato contenuti nel mese della rilevazione. Si evidenzia un minore attivismo su Fb rispetto all’anno scorso ma è cresciuto il livello di engagement.
Il 98% dei brand presenti nell’Interbrand Top 100 brand sono attivi su Twitter, e ognuno di loro ha postato contenuti nel mese di aprile. Da notare come il 55% di tutti i tweet inviati includono contenuti fotografici. La rilevazione dimostra che il tweeting regolare è la chiave del successo: il 74% dei marchi twittano almeno tre volte al giorno (compresi i retweet e risposte). In termini di engagement con gli utenti, i tweet di relazione con i brand sono aumentati del 105% in un anno. Infine, i tweet con hashtag è vero che creano più engagement ma un abuso di essi rischia di essere controproducente.
Youtube
Il 100% dei brand Interbrand hanno un account YouTube e il 92% ha pubblicato video nel mese di aprile a dimostrazione della rilevanza
Instagram, per suo conto, pur essendo una applicazione mobile, ha attirato l’85% delle 100 aziende Interbrand con il 79% di esse attive nel mese di aprile; Pinterest, invece, ha attirato l’attenzione del 67% delle 100 aziende considerate che ne fanno un uso “vetrina”: solo il 41% dei marchi ha pubblicato attivamente in aprile 2015. Infine Google, che ha il 78% di imprese che lo usano con il 66% attivo nel mese della rilevazione.
L'oro della Silicon Valley
Abbiamo incontrato Paolo Ponte, Marketing Executive, Studente MBA e appassionato di tecnologia, con il sogno nel cassetto di fondare una startup innovativa. Ecco perché è andato in Silicon Valley: imparare i segreti e riportare un po’ dello spirito della Silicon Valley in Italia. Qui ci racconta la sua esperienza.
La Silicon Valley rappresenta, per molti giovani innovatori e aspiranti imprenditori, l’opportunità di veder riconosciuto il proprio talento e di fare fortuna. Lo stesso è valso per me, ecco perché ho deciso di affrontare questo viaggio nell’estate 2013.
Per comprendere perché nell’immaginario collettivo di oggi si è diffusa questa idea, è importante capire lo spirito che aleggia in questi luoghi, che si è sviluppato a partire dall’800 con i primi cercatori d’oro. Armati di coraggio, aspettative e perseveranza, i primi cercatori d’oro che attraversarono queste terre diedero l’impulso che avrebbe, poco più tardi, fatto nascere la potenza economica degli Stati Uniti. Erano uomini d’onore, pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà, salire nei punti più impervi delle montagne, attraversare fiumi e restare ore ed ore con i piedi nell’acqua, sondare chilometri e chilometri di greto, fino a riuscire a sentire l’odore anche solo di una pagliuzza d’oro.
L’oro era lì, e chiunque avrebbe potuto cercarlo. Ma solo i più avventurosi potevano trovarlo.
La Silicon Valley, oggi, è proprio questo: un terreno fertile per dar vita a un’idea imprenditoriale, un ecosistema di persone e aziende che si scambiano risorse e knowhow. Eppure, come per i cercatori d’oro, solo i più bravi fanno strada. Non tutti lo sanno, ma in Silicon Valley circa il 90% delle startup fallisce (nove su dieci!). C’è infatti una moltitudine di persone che rischia e a cui non va bene. Tuttavia, quello che è diverso rispetto a noi, è che là è ampiamente diffusa la cultura dell’errore.
Molte aree del mondo presentano le infrastrutture che caratterizzano la Silicon Valley, ma in poche è così diffusa la consapevolezza che si può anche sbagliare, anzi, l’errore rappresenta una tappa importante nella vita. Il messaggio è chiaro: si sbaglia e poi si riparte, e la prossima volta, anche se sbaglierai ancora, sicuramente avrai fatto meglio di prima! Ciò è, a mio parere, la reale ricchezza di quest’area.
Passare di fronte al garage dell’HP a Palo Alto, dove Dave Packard e Bill Hewlett hanno immaginato e realizzato il futuro della tecnologia, oggi diventato un museo, infonde una grande energia, anche se è importante avere la consapevolezza che sono davvero poche le persone che, partendo dal basso, possono raggiungere i vertici del business mondiale.
Eppure, in Silicon Valley, è lecito credere di farcela!
Un altro aspetto che mi ha notevolmente colpito è che là le idee nascono a una velocità sorprendente. Capita di essere seduto al bar, la sera, e trovarsi nel bel mezzo di una presentazione del tutto improvvisata di un progetto di business. In ogni angolo e in ogni occasione, puoi trovare qualcuno che abbia un’idea nel cassetto e abbia voglia di raccontartela; in ogni angolo e in ogni occasione, puoi trovare qualcuno che quell’idea sia veramente disposto a finanziarla!
Non è un caso, quindi, che oggi la Silicon Valley sia sede di importanti aziende di fama internazionale, da Apple a eBay, da Google a Facebook, da Oracle a Intel, solo per citarne alcune, ma anche di numerosissime startup. Tutte sono ben disposte ad aprirti le porte delle loro sedi e permetterti di fare una chiacchierata con alcuni dei loro manager.
Sulla scia di questo fermento positivo che ha contagiato tutto il mondo, anche da noi sembra che finalmente qualcosa si stia muovendo e l’Italia sta piano piano diventando un Paese più ospitale per le imprese innovative. Ti consiglio di dare un’occhiata alla mappa, in continuo aggiornamento, delle startup italiane, che trovi a questo link.
Se anche tu vuoi affrontare un viaggio in Silicon Valley, voglio darti alcuni spunti e consigli che a me sono stati davvero utili.
- Prima di partire, ho cercato un appartamento attraverso Airbnb, una piattaforma comoda e affidabile, grazie al sistema di giudizi che gli altri utenti possono dare (un’ulteriore garanzia). Si parla direttamente con l’affittuario.
- Il volo è lunghissimo, ti consiglio di prenotare un aereo comodo.
- Caltrain è la linea ferroviaria per spostarsi in tutta la Silicon Valley; è molto comoda ed economica, e consente anche di portare a bordo le biciclette, che sono il mezzo di trasporto più comune in questa zona, ricca di piste ciclabili.
- Avendo intenzione di girare molto durante il mio viaggio (la California è una regione molto grande e ricca di scorci affascinanti), prima di partire ho prenotato una macchina in affitto. Ci sono molti siti che offrono questo servizio, io ti consiglio Rentalcars.com.
- Per conoscere gente e fare incontri interessanti puoi iscriverti a MeetUp. Offre l’opportunità di conoscere persone molto socievoli. Si possono incontrare startupper, sviluppatori software, Venture Capitalist.
Io ho organizzato il mio viaggio autonomente e, per una settimana, mi sono unito a uno dei Silicon Valley tour (ce ne sono diversi organizzati da italiani, come Silicon Valley Study Tour), che mi hanno dato l’opportunità di visitare le sedi di importanti aziende e fare networking.
Di racconti ce ne potrebbero essere ancora tanti. È stata un’esperienza intensa e decisamente formativa. Ecco gli insegnamenti più importanti che mi ha lasciato questo viaggio:
Fail Fast. Se devi fallire fallo subito, non perdere tempo ad attendere che un miracolo cambi le cose.
Il fallimento non è un delitto. Lo startupper che fallisce in Silicon Valley non viene bandito dalla comunità; il fallimento è visto come uno step nel percorso di crescita dell’imprenditore.
Cambia lavoro spesso. In Silicon Valley il posto fisso non esiste; difficilmente un dipendente sta più di due anni nella stessa azienda. Un Senior Engineer di Google riceve in media 2-3 chiamate di proposte di lavoro la settimana (da aziende quali Facebook, LinkedIn, Twitter, etc.).
Sii imprenditore di te stesso. Sia all’interno delle startup sia nelle big companies il dipendente non deve limitarsi a svolgere il proprio compito ma deve essere creativo, propositivo, reattivo. Sennò, sei fuori!
Give Back. È la mentalità tipica degli investitori e degli imprenditori che ce l’hanno fatta e che ora sentono il dovere morale di condividere parte di quello che hanno ottenuto con gli altri (siano consigli, attività di affiancamento o mentoring con giovani, finanziamenti, etc.).
Se vuoi restare in contatto con Paolo Ponte, chiedergli consigli o scambiare esperienze, lo trovi su LinkedIn o su Twitter.
6 modi per diventare leader di un team di successo.
La strada per diventare il leader perfetto all'interno del tuo team di lavoro può nascondere insidie e difficoltà. Ecco qualche consiglio per renderla più agevole e avvicinarti al tuo successo lavorativo.
“Ci si chiede qual è la differenza tra un leader e un capo: il leader guida, il capo dirige”. In questa piccola citazione di Theodore Roosevelt, si trova l’essenza della figura del leader: come deve essere, cosa deve fare e come deve pensare per guidare il suo team verso il successo.
Le frasi fatte sono molto suggestive, certo, ma da sole dicono poco. All’ispirazione bisogna sempre affiancare una spiegazione concreta. E allora, ecco sei consigli pratici per costruire una squadra aziendale di valore.
Essere consapevole del tuo lavoro
Per guidare una squadra è opportuno conoscere al meglio le tue capacità ma anche i tuoi limiti. Devi essere esigente con te stesso, ambizioso e lavorare duro per apparire agli occhi del tuo team come il modello da seguire per realizzare la missione aziendale.
Conoscere, imparare, tenerti sempre aggiornato e dimostrare di sapere cosa fare in qualunque situazione porterà il tuo team a volerti seguire fino in capo al mondo.
Conoscere la tua squadra
Se è importante conoscere se stessi, forse lo è ancora di più conoscere il tuo team. Per ottenere il meglio da parte del tuo gruppo di lavoro è fondamentale conoscere caratteristiche e peculiarità di ogni singolo collega, in modo da poterlo guidare e aiutare nel raggiungimento dei suoi obiettivi.
Fondamentale, quindi, è il lavoro di squadra, l’ascolto delle esigenze di ogni membro, l’aiuto dei colleghi in difficoltà e, al bisogno, il cercare di incoraggiarli per farli sentire a loro agio.
Potrebbe essere definito, a volte, come un lavoro degno di uno psicologo, perché è di testa che si parla; spesso basta saper toccare le corde giuste di ogni dipendente per farlo rendere al massimo. Solo così riuscirai a far fruttare al 100% tutto il suo potenziale.
Definire chiaramente ruoli e responsabilità
Una volta affrontate nel migliore dei modi le prime due fasi, è arrivato il momento di passare alla definizione chiara e trasparente dei ruoli e delle responsabilità all’interno del tuo gruppo. Tutto ciò eviterà le sovrapposizioni di mansioni e il conseguente verificarsi di conflitti interni.
Non sarà mai un’impresa facile riuscire a cucire a ogni singolo dipendente il ruolo a lui più adatto. Il percorso sarà costellato da difficoltà dovute alle inevitabili diversità caratteriali tra le persone, tra chi è più portato per un lavoro individuale e chi, invece, preferisce lavorare a stretto contatto con i colleghi.
Il segreto sta nel riuscire a mescolare al meglio questi ingredienti per ottenere, dopo alcune prove, la ricetta perfetta, quella in grado di fruttare il massimo profitto dal team. Attribuire il ruolo e le responsabilità adatte a ogni singolo dipendente sarà la tua arma in più per raggiungere l’eldorado lavorativo.
Offrire feedback ai propri collaboratori
Dare continui feedback sul lavoro, può rivelarsi vincente. Trasmetti consigli, opinioni e valutazioni a ogni singolo step di un progetto realizzato da un tuo collaboratore. Solo così potrai permettergli di migliorare e capire le tue reali intenzioni e quelle dell’azienda.
In questo modo lui avrà la possibilità di correggere il tiro strada facendo, evitando di dover buttare via un lungo e faticoso lavoro. Una situazione questa, che rischia di essere una perdita ingestibile per te, per il tuo collega e per i clienti.
Usare carota e bastone
In questo contesto, il detto del “sapere usare il bastone e la carota” calza a pennello. Se un tuo dipendente riesce a superare con successo una difficoltà o a portare a termine il suo obiettivo nei tempi prestabiliti, non esitare a offrire qualche piccolo incoraggiamento, e perché no, unaricompensa.
Molti credono che, poiché il dipendente è retribuito allora il suo lavoro dovrà essere sempre impeccabile. Non è proprio così. I lavori non sono tutti uguali, alcuni richiedono maggiore impegno. Per un dipendente vedere i propri sforzi riconosciuti, è un segnale molto positivo e soddisfacente che lo porterà a dare il massimo, in termini di risultati lavorativi e di business.
Non fermarti ai tuoi successi, impara da questi
I successi, quando arrivano, devono essere celebrati con il tuo team, ma non fermarti a quello. Cerca di analizzare le tue vittorie e di capire come sono arrivate, questo sarà di grande aiuto per indirizzare le tue scelte e prospettive future. La sola autocelebrazione non porta a nulla, ma se ad essa segue un’analisi attenta ed accurata sarà più facile ottenere nuovi successi.
Questi sono solo piccoli consigli da seguire per il tuo lavoro di leader aziendale che, come puoi vedere, è un ruolo che comporta molte responsabilità. Il vero punto di partenza sta nella capacità di non demordere mai, perché ricorda: maggiore sarà la fatica, più grandesarà il successo.
Quattro consigli per convertire il traffico web in più contatti e clienti.
Una volta che un visitatore raggiunge il tuo sito web, perché ci dovrebbe rimanere ?
Finalmente! Dopo tanta fatica, notti in bianco e lavoro duro abbiamo utenti che visitano il nostro sito; ma rimane ancora un problema da risolvere: trasformare il traffico web in contatti e clienti. Dobbiamo quindi concentrarci sulla conversione, ma in che modo?
Devi sapere che hai solo 10 secondi per ottenere l’attenzione delle persone prima che si distraggono, o semplicemente decidano di abbandonare il tuo sito.
Questo significa, quindi, che le prime impressioni contano più che mai.
I visitatori hanno bisogno di capire immediatamente che cosa fai, e come li puoi aiutare. Capire cioè qual è la tua proposta unica di valore, o come dicono gli anglosassoni, la tua Unique Value Proposition.
La proposta di valore deve essere focalizzata sui valori del tuo target di riferimento. Descrivere semplicemente le caratteristiche del tuo prodotto non è sufficiente a smuovere i clienti nel prendere decisioni o a compiere azioni. La tua proposta deve essere specifica, breve e utile.
Una Value Proposition è la risposta alla domanda: “Perché dovrei comprare il tuo prodotto?”
Deve mostrare i benefici specifici del tuo servizio, aiutare le persone a risolvere i loro problemi e spiegare loro perché dovrebbero comprare da te.
Una forte Value Proposition include i seguenti elementi:
Un titolo che conquista l’attenzione: una frase chiara e precisa, che offre ai clienti i benefici del tuo prodotto o servizio;
un sottotitolo che si compone di 2-3 frasi per spiegare meglio cosa offri;
una grafica accattivante che rafforza il messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico;
punti che evidenziano la tua offerta di base e definiscono le aspettative con i potenziali clienti.
Quindi, come si fa a convertire il traffico web in clienti? Ecco 4 consigli da seguire.
1. Testa la tua proposta di valore
Non sorprende che molti esperti di marketing online preferiscano fare affidamento sulla propria intuizione nella progettazione di una proposta di valore. Ma questo approccio non sempre dà i risultati migliori o almeno quelli sperati.
Testare approcci diversi, piuttosto che fare affidamento solo sui propri istinti, può essere d’aiuto nel trovare il modo migliore per connettersi con i propri clienti.
2. Utilizza il linguaggio dei tuoi clienti
Utilizzare un linguaggio difficile e una terminologia piena di parole tecniche è la cosa più sbagliata che puoi fare. Per coinvolgere i tuoi clienti, devi parlare con loro attraverso un linguaggio semplice e diretto.
Spesso il linguaggio da te utilizzato è diverso dal linguaggio utilizzato dal cliente. Per capire come i clienti pensano ai tuoi servizi e come li descrivono, potresti fare delle interviste, dei sondaggi, raccogliere feedback o utilizzare i social media.
3. Migliora la tua proposta di valore con elementi di persuasione
Probabilmente ad un paio di elementi di persuasione o “booster” per la tua proposta di valore non ci avevi neanche pensato. L’utilizzo di questi elementi può funzionare bene per aumentare i tassi di conversione.
Alcuni esempi includono:
Testimonianze e recensioni da parte dei clienti – o altri tipi di dimostrazione sociale. Questo rende la tua offerta affidabile.
Garanzia di rimborso. Piuttosto di scrivere “Soddisfatti o rimborsati” o “Garanzia di rimborso”, prova a scrivere qualcosa di più creativo e accattivante. Alle persone piace sentirsi sicure e certe su ciò che stanno per acquistare.
Offerte Bonus. Come ad esempio: la spedizione gratuita, consegna gratuita, consegna il giorno successivo, nessun costo di installazione, aggiornamenti gratuiti ecc..
Prova a pensare agli elementi di persuasione che hai a disposizione e come possono influenzare positivamente sul tasso di conversione della tua proposta di valore.
4. Permetti di provare il tuo prodotto/servizio
Quando offri il tuo prodotto o servizio, offri ai clienti un modo semplice per testarlo prima di acquistare. Questo può essere una prova gratuita o la versione demo che può aiutare le persone a controllare le migliori caratteristiche e le specifiche del tuo prodotto.
Riassumendo, quindi, focalizza l’attenzione nel definire una forte proposta di valore. Una volta che avrai qualcosa che descrive in maniera precisa e chiara quello che offri, allora il passo successivo sarà quello di iniziare a ottimizzarlo per aumentare le conversioni. Una proposta di valore con un alto tasso di conversione ti offre un vantaggio competitivo unico.
Questo, di certo, non è sufficiente per raggiungere un business di successo, ma è sicuramente un ottimo punto di partenza.
Millennial at work: come attrarre e mantenere i nuovi talenti
Studi recenti rivelano che la generazione dei Millennial, quella dei giovani nati dopo il 1980, conterà per il 75% entro il 2025. Entrano nel mondo del lavoro con un bagaglio culturale e personale diverso da quello dei colleghi più anziani: sono digitali nativi, flessibili, hanno ritmi di vita diversi e tendono sempre più a unire lavoro e vita privata. Con le loro nuove motivazioni possono rappresentare un fattore di crescita per le aziende. Tuttavia, la generazione dei Millennial è nota per lasciare il posto di lavoro dopo poco tempo (il 60% cambia lavoro dopo meno di 3 anni).
Per rimanere competitive, le aziende necessitano di un approccio più fresco al concetto di retribuzione, che consideri i nuovi valori, atteggiamenti e stili di vita. Adam Miller, Presidente e CEO di Cornerstone OnDemand, azienda leader nelle soluzioni software in ambiente cloud per il talent management, ha individuato alcuni valori principali che realmente attirano la generazione dei Millennial:
Flessibilità nell’orario di lavoro
I giovani che cercano lavoro oggi vivono in un mondo in cui la presenza fisica è un optional: fare operazioni bancarie, noleggiare un film, chiacchierare con gli amici, ordinare il pranzo sono tutte attività che, da luogo “dove andare” sono diventate “cose da fare” con un qualsiasi dispositivo connesso. I Millennial vedono il lavoro nello stesso modo; qualcosa che non viene misurato in termini di ore trascorse in un luogo ma di risultato di ciò che si è fatto. Non è un caso che le aziende che oggi hanno successo pongono la flessibilità al centro della propria cultura aziendale, permettendo agli impiegati di definire a piacimento i propri programmi purché il lavoro venga fatto.
Crescere innanzitutto
I Millennial non vogliono lavorare solo per lo stipendio: desiderano investire il tempo per acquisire nuove competenze e conoscenze necessarie per crescere sia personalmente sia professionalmente. La formazione dunque non è più solo un mezzo per realizzare obiettivi aziendali ma un’esperienza di apprendimento a 360 gradi che coinvolge tanto gli obiettivi di carriera quanto gli interessi e le passioni del dipendente. Una delle esigenze, ad esempio, è quella di imparare a diventare un leader. Nell’indagine sui Millennial condotta nel 2014 da Deloitte, il 75% degli intervistati riteneva che la loro azienda potesse fare di più per formare i futuri leader.
Insieme alla formazione viene la mobilità
La maggior parte dei Millennial si aspetta di sviluppare diverse carriere nella vita professionale. Secondo il Bureau of Labor Statistics, in media, i giovani adulti a 26 anni hanno già svolto 6,2 lavori. Perché non consentire loro di passare a un nuovo percorso di carriera all’interno della vostra azienda? È fondamentale dare loro accesso ai percorsi di formazione necessari per muoversi sia verticalmente sia orizzontalmente all’interno dell’azienda. Permettete loro di vivere l’impresa in modo olistico e costruire un legame duraturo.
Allineamento fra gli obiettivi personali e quelli aziendali
Più ancora delle generazioni precedenti, i Millennial danno una grande importanza allo scopo del proprio lavoro. Da un punto di vista personale, sono molto interessati a capire quale è il loro ruolo nel disegno aziendale, in che modo il loro ruolo è importante e se interessa a qualcuno. Le aziende devono essere trasparenti nell’allineare gli obiettivi personali con quelli dell’organizzazione, in modo che anche il neoassunto abbia ben chiaro come il suo lavoro sia allineato con ciò che l’azienda fa nel suo insieme.
Non solo profitto
I Millennial considerano molto importante anche la causa sociale dell’azienda per cui lavorano: come si relaziona l’azienda con il mondo esterno e in che modo contribuisce al bene generale? Il concetto di responsabilità sociale dell’azienda coincide con quello delle persone? Nell’indagine Deloitte, sei intervistati su dieci affermano che l’allineamento fra gli obiettivi personali e quelli dell’organizzazione è una delle ragioni per cui hanno scelto il loro attuale datore di lavoro.
L’epoca in cui sono cresciuti i Millennial ha insegnato loro che nulla è garantito. Instabilità e cambiamenti rapidi sono la norma. Per questa generazione, ad esempio, l’equazione tempo=denaro non ha più senso. Quello che da tempo viene considerato “il futuro del lavoro” è già presente e le organizzazioni devono muoversi nel modo giusto per rispondere ai nuovi standard per reclutare e trattenere il capitale più prezioso, quello umano. La concorrenza per accaparrarsi le persone più valide è agguerrita come non mai.
Amazon apre in Italia il negozio di alimentari e punta su un mercato da quasi mezzo miliardo di euro.
La spesa casalinga da oggi si può fare online su Amazon anche in Italia. Il colosso dell'e-commerce apre nel nostro Paese la vendita online di prodotti alimentari a lunga conservazione e per la cura quotidiana della casa, dai pacchi di pasta ai biscotti, dalle bibite allo shampoo. La mossa potrebbe spingere un comparto - quello alimentare nell'e-commerce - già dinamico.
Lo evidenzia una ricerca pubblicata oggi dall'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - Politecnico di Milano, secondo la quale in Italia crescono sia il Grocery (spesa da supermercato), che nel 2015 supera i 200 milioni di euro, sia il Food and Wine enogastronomico, che sfiora i 260 milioni di euro.
«Il comparto alimentare è nel 2015 uno dei settori più dinamici nel panorama dell'eCommerce B2c italiano», afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. «Negli ultimi due anni -aggiunge Perego- sono diverse le insegne della grande distribuzione che hanno attivato iniziative di Click&Collect, con la possibilità di ordinare online e di ritirare presso il punto vendita. Anche nel Food&Wine enogastronomico rileviamo un certo fermento grazie all'intraprendenza di produttori, «presidi territoriali» (che valorizzano prodotti locali), retailer, enoteche e start up, come ad esempio nella vendita di prodotto fresco (soprattutto frutta e verdura), nella consegna del pranzo pronto a domicilio, e nella vendita di prodotti in nicchie molto specifiche. L'ingresso di Amazon non può che incrementare ulteriormente la vitalità del comparto. Ne beneficeranno anche le Pmi del settore food, che con il Marketplace potranno avere un ulteriore canale di accesso all'eCommerce e all'Export online.»
MANGIARE BIO RIDUCE L’INTOSSICAZIONE DEL CORPO
Cosa succede ai membri di una famiglia, che solitamente non mangia biologico, quando comincia a mangiare alimenti bio? È la domanda a cui ha risposto uno studio di Coop Svezia. Guardate i risultati.
Coop Svezia è stata così colpita dai risultati dello studio commissionato che ha deciso di realizzare addirittura un video che ha come protagonista la famiglia che ha accettato di sottoporsi alla ricerca. Cosa è accaduto? «Volevamo sapere cosa succede nell’organismo umano quando si passa dal cibo convenzional a quello biologico – dicono i responsabili di Coop Svezia – e i risultati sono stati così interessanti, che abbiamo deciso di realizzare un filmato da divulgare. Lo studio è stato condotto in collaborazione con lo Swedish Environmental Research Institute IVL (nel Pdf allegato potete scaricare il testo integrale dello studio ancora però in lingua originale). Vogliamo che la gente capisca perchè vle la pena di mangiare biologico, fa bne alla salute e all’ambiente. Lo studio ha dimostrato che mangiare cibo bio può riduorre i livelli di pesticidi nel corpo. Quando la famiglia selezionata ha cambiato alimentazione, i livelli di pesticidi e il loro numero si sono ridotti, come risulta dai campioni biologici. Speriamo che questo studio e questo filmato possano incoraggiare la discussione e il confronto sui benefici del cibo biologico».
Coop Svezia sin dagli anni ’80 Coop è stata pioniera per il biologico, aiutando gli agricoltori a passare alla coltivazione bio, favorendo l’accessibilità del cibo biologico per i consumatori e spronando la politica a fare sempre di più per la produzione di cibo biologico.
Terra Nuova è entrata a far parte del Tavolo Nazionale Contro i Pesticidi e rinnova quotidianamente il suo impegno su questo fronte.
Purtroppo l’Italia è tra i paesi che impiegano le maggiori quantità di pesticidi in agricoltura. Sono circa 134.242 le tonnellate di prodotti fitosanitari vendute in un solo anno in Italia, secondo l'ultimo rapporto Ispra, elaborato sulla base dei dati disponibili più recenti, risalenti al 2012. Più di 2 chili a persona di veleni irrorati nei campi, ma utilizzati ormai dappertutto, nelle aiuole pubblica, nei giardini di scuole, asili, ospedali, sui marciapiedi e persino nei cimiteri.
Guardate i livelli di pesticidi prima e dopo il cambio di alimentazione.
Amazon, conti record batte anche Wal-Mart
Vendite in crescita del 20%, balza il titolo a Wall Street. Respinto l'assalto di Alibaba.
Rally a Wall Street per Amazon. Il gigante dell'e-commerce, fondato 20 anni fa da Jeff Bezos, ieri è balzato del 15% complici i conti del secondo trimestre migliori delle attese con fatturato a 23 miliardi di dollari e utile che ha toccato i 92 milioni. Amazon, partita nel 1995 come libreria online, vende ora di tutto, libri compresi.
Il risultato è che la società ha superato il colosso dei grandi magazzini Usa Wal-Mart in termini di capitalizzazione. Ora quella di Amazon si attesta a 262,51 miliardi di dollari, mentre quella del gigante delle vendite al dettaglio, che ieri è sceso in Borsa dell'1% è ferma a 232,78 miliardi. Un segno dei tempi che fa di Bezos uno degli uomini più ricchi del mondo sulla base della classifica stilata dal Bloomberg Billonaire's Index. Bezos con i suoi 46,3 miliardi di dollari è uno dei pochi web guru a tenere testa all'irresistibile ascesa di Mark Zuckerberg, di Facebook. Il quale con 42 miliardi è in nona posizione battendo Christy Walton, figlia di Sam ossia il fondatore di Wal-Mart.
Amazon ha comunque sorpreso tutti, compreso gli analisti di Wall Street. In pratica il gigante delle vendite online è tra i pochi ad aver beneficiato della crisi che obbliga i consumatori a cercare online il miglior prezzo per il prodotto desiderato. E Amazon, che mette a confronto i prezzi di venditori diversi, è, in questo momento il sito più gettonato tanto che ha fatto segnare un riazo vertiginoso delle vendite pari al 20%.
E dire che solo un anno fa si assisteva ad un crollo dei guadagni del gruppo di Seattle, con perdite pari a 126 milioni di dollari dovuti in gran parte agli investimenti in varie direzioni sopratutto a livello di servizi ai clienti. «I significativi investimenti cominciati fin dal 2010 cominciano ora a pagare in maniera significativa», hanno spiegato gli analisti.
Ieri le azioni Amazon si sono portate al massimo storico a 560 dollari ben oltre dunque il precedente record che era fermo a 493 dollari.
Il risultato è dunque molto importante per il gruppo di Bezos, anche alla luce della durissima concorrenza non solo da parte degli altri giganti del commercio online, come eBay o, soprattutto la cinese Alibaba, ma anche da parte di tante altre startup che vanno moltiplicandosi, offrendo servizi di consegna a domicilio di bene sempre più eterogeni e in tempi rapidi ed efficienti.
GROUPON ENTRA NELL'ECOMMERCE DEL CIBO
Coniugare cibo e internet è forse la più grande scommessa intrapresa dal mondo della rete, a partire dai colossi che maggiormente condizionano la nostra vita come Amazon e Google, fino ai retailer tradizionali che stanno integrando la loro rete con un sito di e-commerce per le vendite a distanza. Ognuno con la propria formula e priorità, ma tutti uniti dalla volontà di far decollare il commercio di prodotti alimentari, rimasto certamente indietro rispetto ad altre categorie merceologiche. L’ultimo arrivato nel club è un nome celebre anche in Italia, dove ha creato di fatto il settore delle vendite a sconto di beni e servizi. Si tratta di Groupon, la società americana che ha acquisito OrderUp, un sito di ecommerce alimentare, specializzato nel delivery di pasti. Nelle intenzioni di Groupon, che non ha comunicato il valore della transazione, c’è quella di allargare il range di servizi offerti verso modelli più tradizionali di ecommerce, integrando la piattaforma della società acquisita con il grande database di ristoranti costruito negli anni. I buoni sconto per il ristorante sono stati infatti uno dei cavalli di battaglia della fase di lancio della società con sede a Chicago: anche in Italia hanno avuto un grande successo, nonostante qualche problema logistico nella fase di boom di richieste.
La sfida di Groupon adesso si allarga: se prima era quella di portare clientela nei ristoranti che aderivano ai suoi servizi di couponing, adesso sarà anche quella di portare il cibo di quei ristoranti direttamente alla clientela che nel tempo ha scoperto certi luoghi e ora vuol fruire anche da casa di quei menù.
Al momento il servizio derivante da OrderUp sarà reso solo negli Stati Uniti, ma data la presenza mondiale di Groupon non è escluso che presto possa estendersi anche in altri Paesi, arrivando anche in Italia dove l’ecommerce di cibo e il delivery online iniziano a muovere i primi passi.
Fonte http://www.foodweb.it/2015/07/groupon-entra-nellecommerce-di-cibo/
Semi di Chia
Tra i SEMI OLEOSI più in voga in questo periodo ruolo importante lo esercitano i SEMI DI CHIA con le loro molteplici qualità.
I semi di chia sono molto piccoli, croccanti e dal sapore piuttosto neutro e per nulla sgradevole. Possono essere aggiunti al muesli della colazione o accompagnati a cereali e altri semi, come i semi di zucca o di girasole, per uno snack salutare e nutriente nel corso della giornata. A differenza dei semi di lino, i semi di chia non irrancidiscono e possono essere conservati anche per anni in dispensa all'interno di un contenitore ben chiuso.
I semi di chia possono essere assunti crudi nella dose di uno o due cucchiai al giorno come integratore alimentare naturale, oppure possono essere utilizzati come condimento per numerosi piatti tra cui insalate, pasta, risotti, orzo, miglio, quinoa, legumi ed altri cereali a piacere.
Da aggiungere a frullati di frutta e/o verdura oppure come elemento decorativo, ma nutriente, su crostini e tartine sui quali siano state spalmati paté di olive o salsine preparate con ortaggi freschi come pomodori, carote o peperoni.
Sono naturalmente SENZA GLUTINE.
Anelletti Siciliani Rustici
Novità Farabella!
Dopo il grande successo dei formati rustici Stabilizzati, l'azienda presenta un nuovo formato creato per il piacere di mangiare la pasta, con tutto il sapore della tradizione.
Sono disponibili in commercio gli Anelletti Siciliani, pronti in 1 minuto ideali per preparare una deliziosa pasta al forno.
Sono naturalmente SENZA GLUTINE.
Fonte http://www.farabella.it/