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Ricordando Steve Jobs
«Non accontentatevi mai e non abbiate paura delle sconfitte. Da lì arrivano le svolte migliori». Oggi ricorre l’anniversario della morte di Steve Jobs (5 ottobre 2011). siamo andati a rileggere il famoso discorso agli studenti di Standford: sempre bellissimo e attuale.
«Voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Solo tre storie. La prima verte sulla tematica dell’”unire i puntini” di una vita. Quando ero giovane ho lasciato l’università dopo soli sei mesi, ma ho continuato a seguire i corsi per un altro anno e mezzo, poi me ne sono andato definitivamente. Perché l’ho fatto? E’ iniziato tutto prima che nascessi. La mia madre biologica era una giovane studentessa universitaria e quando rimase incinta decise di darmi in adozione. Voleva a tutti i costi che io fossi adottato da una coppia di persone laureate, e si adoperò affinché le cose fossero organizzate per farmi vivere nella casa di un avvocato e di sua moglie. Sfortunatamente quando nacqui, questa coppia cambiò idea all’ultimo momento e decise che voleva adottare una femmina. Così, i miei futuri genitori adottivi, che erano al secondo posto nella lista d’attesa, ricevettero una telefonata nel bel mezzo della notte: «C’è un bambino, un maschietto, inatteso. Lo volete?». Loro risposero: «Certo!». In seguito la mia mamma biologica scoprì che questa coppia non era laureata: la donna non aveva terminato il college e l’uomo non si era neppure diplomato al liceo. Pertanto si rifiutò di firmare le ultime carte relative all’adozione. Cambiò idea alcuni mesi dopo, quando i miei genitori adottivi promisero che un giorno mi avrebbero mandato al college. E 17 anni dopo ci andai. Ma ingenuamente ne scelsi uno costoso quanto Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori furono investiti per pagarmi le rette. Dopo sei mesi non riuscivo a trovare il reale valore di tutto ciò. Non sapevo minimamente ciò che avrei voluto fare della mia vita e non immaginavo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Intanto stavo dilapidando tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta una vita. Così decisi di mollare e di continuare ad avere fiducia: tutto sarebbe andato bene lo stesso.
La prima storia riguarda un corso di calligrafia
All’epoca fu molto dura prendere una tale decisione, ma se guardo indietro è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso nella mia vita. Al momento dell’abbandono del college, smisi di seguire i corsi che non mi interessavano e iniziai a seguire invece quelli che trovavo più interessanti.
Non è stato semplice. Non avevo una stanza nel dormitorio, ero costretto a dormire per terra nelle camere dei miei amici. Per comprarmi da mangiare riportavo al venditore le bottiglie di Coca-Cola in cambio di cinque centesimi di deposito, e camminavo per sette miglia in giro per la città, ogni domenica notte, per guadagnarmi finalmente un buon pasto settimanale al tempio degli Hare Krishna. Lo adoravo. Ma tutto quello che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato poi senza prezzo. Vi faccio un esempio.
Il Reed College all’epoca offriva forse i migliori corsi di calligrafia del Paese. Nel campus, ogni poster e ogni etichetta erano scritte a mano con calligrafie stupende. Avevo abbandonato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito quello di calligrafia per imparare a scrivere in quel modo. Fu lì che imparai morfologia e utilizzo dei caratteri Serif e Sans Serif (???? ), le differenze tra gli spazi tra le combinazioni di lettere, compresi che cosa rende grande una stampa tipografica testuale. Fu bellissimo e io lo trovavo affascinante.
Nessuna di queste cose aveva però alcuna speranza di trovare un’applicazione pratica nella mia vita. Ma 10 anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo computer Macintosh, tutto mi tornò utile. E lo veicolammo nel Mac. È stato il primo computer con caratteri tipografici di grande qualità. Se non avessi partecipato al corso di calligrafia, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o spaziati con criteri proporzionali. E visto che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con tali caratteristiche. Se non avessi abbandonato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di calligrafia e i personal computer ora avrebbero potuto essere scevri delle capacità di tipografia che invece possiedono. Certamente era impossibile per me, all’epoca in cui ero al college, “unire i puntini” guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto evidente guardando indietro 10 anni più tardi.
Quindi, non è possibile “unire i puntini” guardando avanti; si possono unire solo a posteriori, guardando indietro. Pertanto bisogna aver sempre fiducia che i puntini in qualche modo, nel vostro futuro, si uniranno. Dovete credere in qualcosa: il nostro ombelico, destino, vita, karma, qualsiasi cosa. Questo approccio non mi ha mai abbandonato e ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La seconda storia riguarda l’amore
Sono stato fortunato: ho scoperto presto cosa fare nella vita. Woz (Steve Wozniak) e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple da noi due nel garage è passata a essere una compagnia da 2 miliardi di dollari con più di 4.000 dipendenti. Avevo appena compiuto 30 anni quando sono stato licenziato. Come si può essere licenziati dall’azienda da te fondata?
Beh, quando Apple era cresciuta, avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me. E per il primo anno le cose andarono bene. Ma poi le nostre visioni circa il futuro iniziarono a divergere e alla fine ci scontrammo. A questo punto, il Consiglio di Amministrazione si schierò dalla sua parte. A 30 anni ero fuori. E in modo plateale. Quello che era stato l’obiettivo principale della mia vita era andato perduto e io ero distrutto.
Per alcuni mesi non sapevo davvero che fare. Sentivo di aver tradito la generazione di imprenditori prima di me; come se avessi perso la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce cercando di scusarmi per aver fallito così miseramente. Era stato un fallimento pubblico e io pensai anche di scappare via dalla Silicon Valley.
Ma qualcosa cominciò a sorgere lentamente in me, amavo ancora le cose che avevo fatto. L’evoluzione degli eventi con Apple non modificò di una virgola il mio atteggiamento. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare. Non me ne reso conto, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la cosa migliore che mi potesse accadere. La pesantezza di avere successo era stata sostituita dalla leggerezza di essere ancora un esordiente, molto meno sicuro su ogni cosa. Ciò mi permise di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi, fondai un’azienda chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar e mi innamorai di una donna fantastica che sarebbe divenuta mia moglie. La Pixar creò il primo film in animazione digitale Toy Story, e attualmente è lo studio di animazione di maggior successo al mondo. In un considerevole susseguirsi degli eventi, Apple ha poi comprato NeXT, io sono ritornato ad Apple e la tecnologia che abbiamo sviluppato a NeXT è al centro dell’attuale rinascita di Apple. Inoltre Laurene e io abbiamo costruito una splendida famiglia. Sono alquanto certo che niente di tutto questo sarebbe accaduto se Apple non mi avesse licenziato. Fu una medicina dal sapore decisamente amaro, ma ritengo che il paziente ne avesse necessità.Qualche volta la vita ti colpisce alla testa con un mattone. Ma non bisogna perdere la fede. Sono convinto che l’unica cosa che mi abbia fatto andare avanti sia stato l’amore per ciò che ho fatto. Bisogna trovare quel che si ama. E questo è vero sia per il nostro lavoro sia le persone amate. Il lavoro riempirà gran parte della vostra vita, e l’unico modo per essere davvero soddisfatti è fare ciò che crediamo essere un ottimo lavoro. E l’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che facciamo. Se non l’avete ancora trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Ve lo dico con tutto il cuore, lo capirete quando lo troverete. E, come in tutti i grandi rapporti, migliorerà con il trascorrere del tempo. Quindi, continuate a cercare fino a quando lo troverete.
La terza storia riguarda la morte
Quando avevo 17 anni, lessi una citazione che diceva più o meno così: «Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, un giorno constaterai che hai fatto bene». Ciò mi colpì e da allora, nei 33 anni successivi, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, avrei voglia di fare quello che sono in procinto di fare oggi?”. E ogni volta che la risposta è stata no per troppi giorni di seguito, so che devo cambiare qualcosa.
Ricordarmi che morirò presto è lo strumento più importante che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutte le paure di imbarazzo o fallimento – svaniscono dinanzi alla morte, lasciando solo ciò che è davvero importante. Ricordarci che stiamo morendo è il modo migliore che io conosca per evitare la trappola di pensare che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.
Circa un anno fa, mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto una Tac alle 7.30 del mattino che ha mostrato chiaramente che avevo un tumore al pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse il pancreas. I dottori mi dissero che questa tipologia di cancro era il più delle volte incurabile e che la mi aspettativa di vita era di 3-6 mesi. Il mio dottore mi disse di mettere ordine nei miei affari (che nel linguaggio medico significa preparati a morire). Significa prepararsi a dire in pochi mesi ai tuoi figli tutto quello che credevi di poter dire loro in dieci anni. Significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Significa dire i tuoi addio.
Ho vissuto con quella diagnosi tutto il giorno. In tarda serata ho fatto una biopsia, ossia mi hanno infilato un endoscopio giù per la gola, attraverso lo stomaco sino all’intestino, mi hanno inserito un ago nel pancreas e prelevato alcune cellule dal mio tumore. Ero sotto anestesia ma mia moglie ,che era lì, mi ha detto che quando i medici hanno visto le cellule sotto il microscopio hanno cominciato a piangere, perché è risultato essere un tipo di cancro al pancreas molto raro e curabile con l’ intervento chirurgico. Ho fatto l’intervento e adesso sto bene.
Questa è stata la volta in cui sono andato più vicino alla morte e spero che resti tale per qualche altro decennio. Essendoci passato, adesso posso raccontarvelo con un po’ più di certezza rispetto a quando la morte per me era solo un concetto astratto. Nessuno vuole morire. Anche le persone che anelano al paradiso, in realtà non vogliono morire per andarci. Ma la morte è la fine che tutti condividiamo. Nessuno le è mai sfuggito. E così deve essere, perché la morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della vita. E’ l’agente di cambiamento della vita. Spazza via il vecchio per fare posto al nuovo. Ora il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, diventerete gradualmente il vecchio e verrete spazzati via. Scusate se sono così drastico, ma è vero.
Il tempo è limitato, non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro
Non fatevi intrappolare dai dogmi, ossia vivere seguendo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il frastuono delle opinioni altrui soffochi la vostra voce interiore.
E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. Essi sanno già che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Fonte http://millionaire.it/
Social customer care: il presente e il futuro dell’assistenza clienti
Le aziende si introducono nelle conversazioni on line per aiutare gli utenti a risolvere i problemi, dando vita a forme di social customer care.
Il web è ormai divenuto il luogo principe in cui nascono e si sviluppano le conversazioni intorno ad un brand. Le persone sono abituate a conversare ed esprimersi su diversi canali generando una grande quantità di materiale che le aziende devono imparare ad utilizzare per capire quali sono i bisogni dei consumatori e per capire che percezione si ha del proprio prodotto. Non sono rari -anzi si sta sempre di più delineando come prassi- i casi in cui è l’utente stesso a coinvolgere l’azienda all’interno delle conversazioni dando vita ad una forma di social customer care.
QUALI SONO LE DINAMICHE DI QUESTA RELAZIONE?
L’utente ha un problema e rende partecipe la comunità on line, menziona l’azienda e l’azienda è chiamata a rispondere. Le persone vogliono essere ascoltate e cercano il dialogo diretto con il brand, non a caso sempre più utenti ormai contattano direttamente il canale social del brand nel momento del bisogno, sostituendo le classiche abitudini come la telefonata al servizio clienti o le code presso il centro assistenza. Uno dei motivi di questa scelta potrebbe risiedere nella gratuità del servizio, ma il vero punto forte è la risposta rapida e di qualità, una risposta personalizzata e definitiva, che dovrebbe avvenire in tempo reale, senza rimandi o passaggi superflui. La presenza di un servizio di social customer care richiede un team efficiente di collaboratori affinchè non diventi controproducente per il brand stesso, bisogna dunque stabilire attentamente la strategia da utilizzare (competenze da distribuire all’interno dell’azienda, tempestività di risposta, linee guida aziendali, netiquette, personalità del brand, tono di voce) e ricordarsi che dietro ogni richiesta di assistenza c’è sì una piccola crisi ma che questa si può anche abilmente trasformare in una risorsa.
E-commerce: in Cina cresce del 59,4%
La crescita economica del paese migliora anche grazie agli acquisti online.
Nel 2014 in Cina le vendite on line hanno portato un fatturato di 16.390 miliardi di yuan, pari a 2.680 miliardi di dollari, segnando un aumento del 59,4% rispetto al 2013. Le cifre sono state presentate dall’Ufficio nazionale di Statistica cinese e confermano che l’e-commerce contribuisce per una buona parte a sostenere la crescita economica del paese, la quale ha fatto segnare un + 7% nei primi sei mesi dell’anno.
Gli acquisti online sono certamente favoriti dalla diffusione sempre crescente della tecnologia tra i consumatori: alla fine del mese di giugno, secondo i dati diffusi dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, il numero di utenti Internet in Cina ha raggiunto quota 668 milioni, circa 19 milioni in più rispetto alla fine del 2014 (+2,9%). E un ruolo importante lo giocano anche gli smartphone, che si stanno diffondendo con una velocità sempre maggiore.
Per quanto riguarda invece le piattaforme elettroniche tramite cui avvengono gli acquisti, le sole Taobao, Tianmao e Jingdong, hanno realizzato uno scambio commerciale di 6.220 miliardi di yuan, occupando il 90% del valore totale.
E-merchandising: cosa cambia nell’online
Come cambiano i pilastri del merchandising se adattati al web?
Il prodotto giusto, nel momento giusto, al posto giusto, nella giusta quantità, al cliente giusto, e con le informazioni giuste. Questi secondo Charles Kepner sono i pilastri del merchandising, descritti in uno dei testi di riferimento per la materia che si intitola “Modern Supermarket Operations”.
Ma per i negozi online la sfida si fa più complicata. Non esistono più le barriere fisiche: l’offerta è dematerializzata, la scelta da parte dei consumatori non avviene più in una sola volta all’interno di uno spazio ben definito (situato magari vicino casa), la superficie di esposizione è illimitata e la comparazione di prezzi e prodotti è pressoché infinita.
Ma allora come si fa ad ottimizzare la presenza dei prodotti negli scaffali? Ecco come Kepner ha adattato i suoi pilastri all’e-merchandising:
Il prodotto giusto è quello facilmente accessibile.
La struttura del sito diventa fondamentale: la navigazione deve essere agevole in quanto l’esperienza del cliente è condizionata dal sua viaggio verso l’acquisto e se questo non è piacevole difficilmente si completerà l’acquisto oppure si tornerà in futuro sullo stesso sito.
Il momento giusto si è frammentato nel tempo e nel luogo.
Per questo il cliente va contattato in ogni potenziale punto di contatto e le risposte vanno fornite attraverso i diversi canali di comunicazione e adattate al contesto. Inoltre le informazioni ricevute nei diversi momenti e luoghi del contatto non devono andare perse ma memorizzate per essere utilizzate nei successivi contatti.
La buona quantità può riferirsi al tempo speso per l’acquisto.
La capacità di far trascorrere meno tempo possibile tra la decisione di acquisto e il possesso del prodotto può essere un buon elemento di differenziazione dai concorrenti.
Il cliente giusto lo si raggiunge conoscendolo.
Un approccio personalizzato, basato su una approfondita conoscenza del profilo del cliente e dei suoi comportamenti ottimizza le possibilità di acquisto.
La buona Informazione vuol dire fornire dati di qualità.
In un contesto in cui le informazioni a cui il cliente può avere accesso sono infinite, la gestione dei dati che lo raggiungono diventa strategica. Meglio pochi dati di buona qualità, che vengono poi arricchiti nel tempo (magari durante i contatti successivi).
La fonte del successo è il capitale umano
Attitudine e competenze personali sono fattori chiavi per il successo imprenditoriale.
Secondo un report di Unione Camere e Svg in Italia si contano 3200 startup innovative, ma ancora troppe hanno difficoltà a trovare non solo capitali finanziari ma anche capitale umano.
Oggi la quota di capitale umano e intangibile di un’impresa ha sempre più un peso maggiore rispetto al capitale fisico. Questo vuol dire che per molte delle nuove attività imprenditoriali il successo è nascosto proprio nel capitale umano -inteso come l’insieme di competenze, attitudini e abilità delle risorse umane- oltre che alla rete di relazioni e alla caratteristiche d’insieme del team di lavoro. Per ampliare il proprio personale non ci si ferma all’alta professionalità, ma serve talento e una forte automotivazione. Il profilo dello “startupper perfetto” non esiste ma esistono strumenti per analizzarne le caratteristiche e valutarle.
Andrea Rangone, responsabile Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, parla per esempio di un’analisi psicologica per rilevare caratteristiche quali la determinazione, la leadership o la resilienza, la propensione al rischio e il coraggio. Aspetti psicologici che sono fondamentali per creare le basi per avere un futuro.
Anche Francesco Saviozzi, professore di Strategia e imprenditorialità alla Sda Bocconi, individua quattro elementi necessari per avere attitudine imprenditoriale:
1) orientamento al risultato;
2) confidenza e visione di insieme sulla gestione;
3) resilienza ai cambiamenti che può subire il progetto;
4) sguardo fisso sulle occasioni di innovazione strategica.
Saviozzi afferma anche che oltre a competenze tecniche e professionali specifiche bisogna sviluppare una buona capacità relazionale, tale da diventare una leva strategica per il successo.
Importante progetto di ricerca sulla valutazione e sviluppo del potenziale dei neo-imprenditori è STEPS, realizzato dalla Fondazione Human Plus con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e con il Dipartimento di Ingegneria gestionale e della produzione del Politecnico di Torino. STEPS-STartuppers and Entrepreneurs Potential Survey è un strumento che analizza caratteristiche, motivazioni, competenze, network sociale e valuta i fattori del capitale sociale e del capitale umano. Il processo si svolge per il 75% via web con un questionario e un test psicologico e per il restante 25% “dal vivo”, un assessment di gruppo e un colloquio individuale. Il focus si restringe alla fine soltanto sul capitale umano, dal momento che “STEPS si basa sul capitale umano perché coincide con il team, e il team coincide con l’impresa” spiega Alberto Carpaneto, direttore di Human Plus. Il team e le competenze sono i fattori al centro della valutazione anche per Timothy O’Connell, accelerator director di H-Farm, incubatore di startup di Roncade (Treviso).
Mercati globalizzati e instabili, ipercompetitività, accelerazione dell’innovazione tecnologica rendono sempre più difficile conservare nel lungo periodo il proprio vantaggio competitivo. Le startup e tutte le imprese per sopravvivere e avere successo hanno bisogno di investire nel capitale umano. Insomma come afferma il progetto STEPS "prima #imprenditore, poi #impresa".
Serie A, la denuncia di Vittorio Feltri: "Troppi calciatori stranieri in Italia"
La serie A appena cominciata ha già dato un segnale catastrofico in chiave di futuro per il calcio italiano. Basta guardare le rose delle squadre per rendersi conto come solo 89 giocatori su 220 abbiano sul passaporto la nazionalità italiana, appena il 40%. Una cifra che secondo Vittorio Feltri su Il Giornale non solo: "è la sintesi della crisi dello sport nostrano più popolare: spicca anche l'insipienza della maggioranza di coloro che lo gestiscono, ovviamente con i piedi, cioè gente più intenta a badare ai propri interessi personali che non a quelli dei tifosi e delle società da cui percepiscono lauti compensi".
Gli stipendi - Il sospetto strisciante secondo Feltri è sulle cifre che raggiungono gli ingaggi ai calciatori stranieri nei nostri campionati e nel mirino ci sono dirigenti, direttori sportivi, addetti al mercato, perfino allenatori: "Da anni sono adusi a comprare calciatori dall'estero, inclusi numerosi brocchi, tutti superstipendiati, il che fa pensare che certi affari non siano ispirati al desiderio di ingaggiare i miglior fichi del bigoncio, bensì a quello di spartire con i mediatori (i procuratori) ricche mazzette esentasse". Così come il livello di corruzione nel Paese è diffuso tanto nelle Pubblica amministrazione quanto nella sanità, Feltri taglia corto e punta il dito: "Il sospetto fondato è che anche il pallone sia governato da ladri immatricolati avviati a distruggere la passione calcistica".
Il declino - Quello in ballo è proprio il futuro del calcio, con tutto quello che rappresenta in termini sociali e culturali: "Una squadra di calcio rappresenta una città - scrive Feltri - se viene privata della sua identità perde il senso della propria esistenza, diventa una compagnia anonima di guitti e non ce la fa a scaldare i cuori degli aficionados". Peggio andrebbe per la Nazionale, che si ritrova ormai a non trovare più giocatori di livello da cui attingere, perché sempre meno impiegati nella massima serie. Solo pochi casi continuano a servirsi di calciatori italiani, come le neopromosse Carpi e Frosinone, oltre che Sassuolo ed Empoli: "Una minoranza esigua - aggiunge Feltri - insufficiente a garantire nuovi talenti da mettere a disposizione degli azzurri".
Il futuro - E poi c'è il segnale che arriva dalle nuove generazioni, frutto anche della globalizzazione che: "Sta azzerando non solamente l'economia basata sul settore manufatturiero, che era la nostra specialità, ma anche il football. O si reagisce o si sparisce - chiude Feltri - I nostri nipoti se ne fregano della Juve e del Milan, della Roma e dell'Inter: tifano per il Real Madrid e il Barcellona. Ci sarà un perché".
Instagram Advertising: la nuova sfida di Zuckerberg
Instagram Advertising: Mark Zuckerberg punta ad utilizzare il "social delle foto" come nuovo strumento di advertising entro il 2015
Instagram sta per compiere il grande salto: essere utilizzato dal punto di vista commerciale. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo sul “social network delle foto” sono apparse migliaia di inserzioni occasionali e generiche, non profilate e simili più o meno per tutti. Un approccio all’ advertising ed alla targetizzazione che sembra giustificare (ora) l’elevato investimento effettuato da Mark Zuckerberg nel 2012. Instagram, infatti, cambierà radicalmente: grazie ai nostri like, il social network saprà la nostra età, le nostre passioni e ciò che non ci piace fare. Al momento, secondo Business Insider, la possibilità di un “Instagram Advertising” è riservata soltanto ai brand multinazionali presenti in otto mercati (Stati Uniti, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito).
Secondo una recente ricerca di eMarketer, entro due anni, Instagram supererà Google e Twitter in quanto a ricavi per annunci display su smartphone (che raggiungeranno quota 2,39 miliardi – pari al 10% dei ricavi di Facebook). L’ Instagram advertising rappresenterà il futuro commerciale del social, sarà destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni: entro il prossimo inverno infatti, sarà possibile utilizzare gli strumenti per l’acquisto di spazi pubblicitari sul social delle foto, integrandoli direttamente da Facebook, consentendo così ad ogni brand di poter pubblicizzare sul social, acquistando anche gli annunci pubblicitari su Instagram.
A conferma di tale novità, gli sviluppatori, in un post del blog ufficiale hanno dichiarato di voler “dare a tutte le imprese la possibilità di raggiungere le persone giuste attraverso l’integrazione delle API di Facebook e Instagram”. Il motivo di questa scelta – continua il post – è dovuto al fatto che “le persone vogliono entrare in contatto con aziende di ogni dimensione su Instagram, dai loro negozi di abbigliamento preferiti vicino casa ai ristoranti, fino ai più grandi brand del mondo”. Nei prossimi anni dunque, secondo le previsioni di eMarketer , i ricavi pubblicitari di Instagram ( che attualmente rappresentano il 5% dei ricavi pubblicitari mobile di Facebook) aumenteranno fino al 14,0% entro il 2017, con un picco massimo rappresentato dal mercato statunitense (raggiungendo la quota del 28%).
Le competenze più ricercate dalle aziende: nascono le soft skills digitali
Da quando la rivoluzione digitale ha cambiato la nostra quotidianità anche il mondo delle Human Resources ha subito dei mutamenti. Le nuove figure professionali ricercate dalle aziende, infatti, risentono in maniera particolare di tutti gli effetti della digitalizzazione.
Lo scenario delineato dall’ Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano mette in evidenza il mutamento prodotto sul mondo del lavoro dall’avvento della digitalizzazione, attraverso un’indagine condotta sugli uffici risorse umane di aziende medio-grandi.
Quali sono le figure più ricercate?
Lo studio della School of Management afferma che il 47% dei direttori del personale nel 2015 inserirà nuove professionalità e competenze per far fronte alla trasformazione digitale.
Le aree aziendali che risentono maggiormente delle conseguenze della digitalizzazione sono il Marketing (48%), l’IT (47%) e la Direzione risorse umane (47%), seguite da settori come gli uffici legali, della qualità, della sicurezza e uffici acquisti.
Le figure professionali più introdotte nelle aziende sono l’eCRM & Profiling Manager, per migliorare l’efficacia della relazione con la clientela, il Digital Marketing Manager, figura che ha il compito di gestire e ottimizzare le interazioni digitali con consumatori e prospect attraverso i canali social, web e mobile, il Chief Innovation Officer, che propone modelli innovativi per il business dell’impresa per sfruttare al meglio la rivoluzione digitale.
Cosa sono le soft skills digitali ?
“Sono competenze trasversali lette alla luce dell’evoluzione digitale”, spiega Mariano Corso, “cioè le capacità di relazione e le attitudini di comportamento che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali”.
Dunque, si ricercano profili professionali altamente specializzati, ma le competenze digitali sono necessarie anche per chi in azienda non si occupa di svolgere mansioni prettamente tecnologiche. Per sviluppare le soft skills digitali dei propri dipendenti le aziende utilizzano generalmente corsi di formazione interni, mentre per i nuovi dipendenti queste competenze sono ricercate già in fase di selezione.
La selezione del candidato ideale avviene, infatti, attraverso una revisione in chiave digitale delle Soft Skills, competenze che consentano di utilizzare il digitale per cogliere nuove opportunità e migliorare produttività e qualità dell’azienda.
Zalando sbarca in Italia. Aprirà un centro logistico nel nord della penisola
L’ipotesi è che sia ancora Piacenza. Ormai vero e proprio centro logistico, da dove Amazon ad esempio raccoglie e smista su tutto il territorio i prodotti acquistati online. Presto per dirlo. Certo è che anche Zalando arriverà nel nostro Paese. Primavera 2016. Circa un centinaio le assunzioni, appaltate però esternamente ad un fornitore ancora top secret. Il portale tedesco, numero uno in Europa nell’abbigliamento, ha deciso di espandersi oltre confine. Da Berlino, quartier generale di Zalando, fanno sapere che è partita la campagna italiana, mercato ritenuto interessante vista la crescita degli acquisti su Internet anno su anno. Giuseppe Tamola, country manager appena trentenne, è arrivato in Germania trascinato da un amico e ora progetta i piani del gruppo per Italia e Spagna.
Il magazzino dovrebbe raggiungere diecimila metri quadri, emulando le dimensioni di Amazon che a Castel San Giovanni, nel piacentino, in tre anni ha creato uno dei più grandi hub logistici di Europa del colosso guidato da Jeff Bezos. La sensazione è che siamo di fronte ad una rivoluzione per ciò che riguarda il mondo delle spedizioni. Internet sta disintermediando anche i tradizionali canali fisici della distribuzione di abbigliamento e moda. E assumono sempre maggiore forza i portali aggregatori come Zalando, che mettono insieme centinaia di migliaia di articoli acquistabili con pochi clic nelle nostre case in pochi giorni lavorativi. Peccato però che i contratti nel settore della logistica siano spesso orientati alla stagionalità e spesso si tramutino in rapporti di servizio in cui i facchini vengono spesso assunti con la partita Iva pur svolgendo mansioni da dipendente a basso valore aggiunto.
Vedremo quale sarà la politica di Zalando, certo Amazon qualche interrogativo l’ha posto in un comparto in cui la penetrazione sindacale è carente e il lavoro è spesso appannaggio di forza lavoro immigrata con basso o nullo potere contrattuale.
Fonte http://www.corriere.it//
Innovazione tecnologica: le PMI investono
L’innovazione tecnologica è diventata l’obiettivo delle PMI. È questo il dato che viene fuori da una ricerca condotta da ISTAO, Istituto Adriano Olivetti, e che dimostra come nel 2015 l’innovazione tecnologica sia il fattore di successo per il raggiungimento dei risultati.
Che l’innovazione tecnologica fosse vista come uno dei pochi spiragli di luce per la crescita delle PMI era un fatto già consolidato, ma ora è diventato l’obiettivo principale.
La ricerca condotta da ISTAO è stata presentata durante la terza edizione del Festival di Cultura olivettiana, promosso dallo stesso istituto in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti. L’indagine, effettuata su un campione di 140 aziende dell’area adriatica, rivela l’importanza dell’innovazione tecnologica per le PMI e mostra i dati inerenti agli investimenti del 2014 e a quelli previsti per il 2015.
Gli investimenti tecnologici da parte delle aziende hanno rappresentato il 30% del totale nel 2014. Il 20% di questi investimenti è stato destinato in ricerca e sviluppo, mentre all’acquisto di materiale informatico (hardware, software e Ict) è stato rivolto il 2,5%. Il dato più interessante è quello relativo all’investimento in formazione, la cui quota si è fermata all’1%.
Il 2014 aveva segnato un calo di investimenti in tecnologia rispetto all’anno precedente. Se per lo scorso anno vi è stato un calo del 6% sugli investimenti, per il 2015 è previsto un aumento soprattutto destinato alle “nuove tecnologie” e ad impianti di ultima generazione.
”La partita si gioca oggi sulla digitalizzazione dell’impresa -commenta il direttore generale dell’ISTAO, Giuliano Calza – grazie all’incredibile sviluppo che hanno avuto aziende digitali come Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram, Google, il digitale è ormai uno strumento indispensabile per le aziende, anche le più tradizionali; un cammino di ammodernamento e di ripensamento della mission, della strategia e dell’organizzazione”.
“Per comprendere il fenomeno – aggiunge Calza – basta leggere i dati dell’e-commerce; gli acquisti elettronici, grazie ai social media e alla digitalizzazione, continuano a espandersi anno dopo anno in modo esponenziale”.
Calcio e Marketing, binomio inscindibile ma ancora da consolidare
Il marketing ed il digital marketing nel mondo del calcio sono in continua crescita. Infatti sempre più squadre sentono il bisogno di presidiare al meglio i principali social media e curare ogni aspetto inerente la loro presenza sul web. Inoltre negli anni, il marketing sportivo (e in questo calcistico), sta superando i confini locali e anche nazionali, dando vita a strategie di marketing globale, il cui obiettivo è quello di accrescere la propria reputazione anche all’estero.
Negli ultimi anni, infatti, sono molte le società calcistiche che si sono inserite con successo nei mercati stranieri, soprattutto negli USA e in ASIA, proponendo strategie di digital marketing mirate. Le prime a capirlo sono state le società calcistiche di Premier League, Manchester UTD e Liverpool, che si sono affacciate a nuovi mercati grazie ad una strategia di marketing globale ed una presenza massiccia sul web.
Sembra che Premier League e Liga siano i due campionati più seguiti al di fuori dei confini europei, mentre il campionato nostrano non ha più l’appeal di un tempo. Il segreto per poter risollevare le sorti di un campionato ormai povero di stelle e presenze sugli spalti, potrebbe essere affidarsi alla creatività del settore marketing e comunicazione e partire alla conquista dei mercati esteri.
Calcio e Marketing quindi sono due ambiti che possono andare a braccetto tra loro, per i quali le società dovrebbero però definire dei piani di azione a lungo termine.
Di seguito riportiamo il video dell’intervista fatta alla Dott.ssa Meo-Colombo, esperta di marketing e web design, e con alle spalle una esperienza lavorativa all’interno del dipartimento marketing del QPR, squadra di prima divisione inglese.
Lo shopping online cresce, ma si può fare di più.
ECommerce ancora in crescita: 22 milioni di persone l'hanno provato e 11 milioni sono acquirenti abituali.
Rispetto all’anno scorso l’eCommerce è aumentato del 22%, raggiungendo un totale di 200 milioni di transazioni e attestandosi intorno ai 90 euro di spesa media. I dati vengono dal nuovo rapporto “Net Retail” di Netcomm, il Consorzio del Commercio elettronico Italiano, che ha svolto l’indagine in collaborazione con Human Highway, Banzai, Postecom e QVC.
Più di 22 milioni di persone hanno effettuato almeno un acquisto online nella loro vita, mentre gli acquirenti abituali (cioè quelli che acquistano online almeno una volta al mese) sono 11 milioni, sono principalmente uomini (57%) e prediligono il prodotto fisico rispetto ai beni digitali (il cui acquisto è pure in crescita ma con un ritmo minore).
Rispetto allo studio precedente ci sono delle differenze tra i vecchi e i nuovi e-shopper: l’anno scorso ad acquistare in Rete erano soprattutto i giovani, che preferivano i prodotti per il tempo libero. Oggi l‘età media è aumentata, attestandosi nella fascia degli over 55 (che rappresenta il 24,1% degli acquirenti contro il 16,1% della fascia giovanile). E con il crescere dell’età si sono diversificati anche i prodotti acquistati, prediligendo beni utili nella vita di tutti i giorni.
Buone notizie, dunque, per il commercio elettronico ?
Dipende dai punti di vista.
In effetti a ben vedere lo stesso rapporto dà anche un altro dato: l’e-commerce rappresenta ancora il 2% circa dei consumi delle famiglie italiane. Vista in questo modo potrebbe sembrare poca cosa. Eppure ogni dato può leggersi dall’altro lato della medaglia: se agli italiani l’eCommerce piace sempre di più -questo i dati lo dicono- e occupa un (piccolo?) posto nelle loro abitudini di acquisto allora un margine per la crescita c’è ed è anche ampio.
Fiat Brasile: pubblicità progresso contro i rischi del guidare dopo aver bevuto
La filiale brasiliana del marchio Fiat ha realizzato (2012) questa efficace ed incisiva campagna pubblicitaria per invitare gli automobilisti a non mettersi alla guida dopo aver bevuto alcolici. Il filmato dura appena 15 secondi e riporta le parole “ora la vedi” ed “ora no”, decisamente ficcanti nell’esprimere un messaggio veicolato attraverso una lattina.
VIDEO_ https://www.youtube.com/watch?v=VlfC-8xlYvo
Fonte http://www.autoblog.it/
Social Media Tools per start-up: gli strumenti che fanno la differenza
Qualche consiglio e gli strumenti essenziali per far partire alla grande la tua start-up sui social media senza impazzire !
Una start-up non può prescindere dall’utilizzo dei social media per promuovere la propria attività: in molti casi, infatti, proprio l’uso corretto e attento dei social network da parte di neonate imprese è stata la chiave di volta del loro successo, portandole in breve tempo a farsi conoscere da un largo numero di persone, che siano fan o follower. Ma un buon marketer sa anche che non basta raggiungere più utenti possibile per conseguire i propri obiettivi professionali, soprattutto se sono diretti alla vendita di un prodotto o servizio.
Quello che serve è l’engagement, cioè la capacità di coinvolgere il pubblico del web e avvicinarlo ai valori e alla filosofia della start-up. Per far ciò non bisogna andare allo sbaraglio, ma mettere in piedi una vera e propria startegia editoriale, pianificando nei dettagli i contenuti da pubblicare volta per volta. Potresti decidere di far accedere i tuoi follower al “dietro le quinte” dell’impresa, facendo conoscere loro le persone che ci lavorano, oppure creare un contest dove regali qualcosa al raggiungimento di determinati risultati.
Qualunque sia la tua idea avrai bisogno di capire a quale tipo di target rivolgerti, creare un hashtag apposito che si riferisca esclusivamente alla tua start-up, di mettere online i tuoi contenuti e monitorarne i risultati, e soprattutto di continuare ad ascoltare i tuoi utenti per captarne i cambiamenti, modificando di conseguenza il tuo piano editoriale.
Un insieme di compiti che potrebbe portarti facilmente al manicomio!
Ma niente paura: esistono, infatti, degli strumenti creati per aiutarti a gestire la tua social media strategy.
Ecco quelli essenziali:
Klout
Questo eccezionale tool suggerisce contenuti che la tua audience non ha ancora visto e che possono piacere ai tuoi fan; inoltre, traccia i rewteet e i likes per monitorare l’impatto dei post.
Canva
Uno dei più semplici strumenti online per creare ed editare le immagini da postare online in base alle misure preferite di ogni social network.
Cyfe
In una sola dashboard puoi monitorare tutti i tuoi post sui social network, ma non solo! Funziona anche per analisi SEO, SEM e vendite online, basta aggiungere i widget che ti servono.
Fanpage Karma
Non dimenticare di dare uno sguardo anche a quello che fanno i tuoi concorrenti. Con questo tool potrai analizzare i tuoi competitors e cambiare la tua strategia.
Le tre ragioni per cui Twitter è in crisi nera
Il sito di microblogging più famoso del mondo è nei guai. In Borsa il titolo nell'ultimo mese ha perso il 17%. Cosa sta succedendo al social network delle star? Cosa rischia?
Twitter è nei guai. La Borsa se n'è accorta da tempo: il titolo del sito di microblogging più famoso del mondo nell'ultimo mese ha perso il 17% del suo valore al Nasdaq, un “rosso” che se si considera l'ultimo anno raddoppia sfiorando un -33%. Dopo le dimissioni del ceo Dick Costolo, e l'interim a uno dei fondatori, Jack Dorsey, le cose non sono migliorate: Twitter sta annaspando ai minimi di sempre, sotto i livelli della quotazione del novembre 2013. Ormai la società vale meno di 20 miliardi di dollari. Il che la rende una possibile preda. Qualcuno parla di Facebook, ma la creatura di Zuckerberg deve ancora digerire l'acquisizione kolossal di WhatApp, pagata 22 miliardi di dollari l'anno scorso. Potrebbe farsi avanti anche Google, già legata a Twitter da accordi commerciali. Sempre che a qualcuno i “cinguettii” interessino.
Ma da dove arrivano i problemi di Twitter? Non è una questione di soldi. La trimestrale diffusa qualche giorno fa sfoggia ricavi a 502 milioni di dollari (+64% rispetto all'anno scorso), molti più dei 481 milioni attesi dagli analisti. Il vero problema sono gli utenti. Ecco cosa sta succedendo.
Lo hanno ammesso apertamente anche il ceo ad interim Dorsey e il direttore finanziario Anthony Noto: il grande problema di Twitter è che non riesce a conquistare nuovi utenti. Nell'ultimo trimestre sono arrivati appena due milioni di nuovi “users”, portando il totale a quota 304 milioni. Una crescita debole, quasi piatta. Ben lontana dal traguardo di 400 milioni lasciato trapelare due anni e mezzo fa, e a distanze siderali dagli 1,4 miliardi di utenti Facebook. Il cfo Anthony Noto ha ulteriormente depresso gli investitori, sottolineando che non si attende una significativa crescita degli utenti per un «considerevole lasso di tempo».
Ma perché Twitter non riesce a sfondare come il social di Zuckerberg? Lo ha spiegato lo stesso creatore del sito di microblogging. Ecco cosa ha detto agli analisti.
Che cos'è che non funziona? Il fondatore di Twitter non ha dubbi: tutti conoscono il sito di microblogging ma il servizio risulta ancora troppo complicato, e la maggior parte della gente si chiede come, e soprattutto perché, dovrebbe usarlo. Twitter viene utilizzato dalle celebrità, dai marchi, dal marketing e dagli attivisti inquieti ma – a differenza di Facebook – non dalla gente comune. Inoltre il social di Zuckerberg crea legami molto più forti, che si estendono a cerchie ancora più esterne di amici, mentre delle migliaia di account Twitter aperti ogni giorno molti vengono abbandonati e solo pochi diventano attivi con regolarità.
L'obiettivo di Dorsey è fare in modo che chiunque si svegli al mattino attaccandosi a Twitter per vedere cosa succede nel mondo, in un modo facile e istintivo «come guardare fuori dalla finestra». Intanto però anche sul fronte pubblicitario, quello che sta regalando i risultati più confortanti, affiora qualche perplessità. Ecco quale.
Come spiega Pier Luca Santoro su DataMediaHub, da una recente ricerca di eMarketer sull'efficacia della pubblicità su Twitter emerge come per la stragrande maggioranza delle persone gli annunci pubblicitari siano assolutamente irrilevanti.
Un altro aspetto del quale si parla poco, spiega ancora Santoro, è relativo alla reach effettiva. «Se infatti le opportunità di essere visti sono molto elevate, così come avviene anche per Facebook, le persone raggiunte effettivamente sono un numero di gran lunga inferiore e, soprattutto, il gap tra i pochi che visualizzano effettivamente i tweet e quelli che poi cliccano sul contenuto è enorme».
«Se si ha un gran numero di follower, penso ai giornali ma anche a molti brand, i propri contenuti sono visti da un'assoluta minoranza di questi, dei quali pochissimi accedono effettivamente al contenuto», conclude Santoro. Insomma, visto dal punto di vista del brand aziendale o della testata giornalistica Twitter non genera trafico, non porta utenti al sito web. Questo però non impedisce all'azienda di San Francisco di credere in un futuro fatto anche di informazione. Ecco come.
Per cercare di frenare la caduta in Borsa, Twitter punta anche sull'informazione. Il nuovo esperimento (già attivo in Giappone e al via ora negli Stati Uniti) è stato confermato a Buzzfeed da un portavoce della compagnia. L'obiettivo è rendere i contenuti più facili da trovare e fruire sul microblog. La nuova sezione per le notizie pone in primo piano i titoli d'attualità più rilanciati o commentati su Twitter in un dato momento. Quando gli utenti cliccano sui titoli si apre una nuova pagina con il testo della notizia, eventuali foto e i “cinguettii” principali sull'argomento. Twitter sta testando anche Lightning, forse in arrivo a fine anno, una piattaforma gestita da professionisti in carne e ossa (e non da un algoritmo) in cui saranno raccolti tweet, foto, video, dirette streaming di Periscope, relativi a eventi in corso di svolgimento, dal cinema alle breaking news.