
Calcio 2.0: l’importanza dei social network
Sono molte le motivazioni che spingono le maggiori società calcistiche italiane ad adottare strategie di social media marketing. Scopriamone insieme i benefici.
La scorsa settimana abbiamo analizzato il rapporto tra il calcio e Instagram. In generale, però, per le società sportive tutti i social network hanno oggi un’importanza vitale. In questo articolo abbiamo voluto analizzare alcune delle ragioni per cui i social sono divenuti così importanti per le società calcistiche:
- queste piattaforme consentono maggiore interazione con i tifosi, che in sostanza rappresentano la linfa vitale di ogni club;
- tramite i social è possibile diffondere l’universo immaginativo che ruota attorno alla società, come se si trattasse di un vero e proprio brand, con la condivisione di contenuti esclusivi e non convenzionali, come alcune vicende private dei calciatori;
- i social consentono di condividere brevi news praticamente in tempo reale, come ad esempio le azioni salienti della partita, ma anche le visite mediche dei calciatori e le frasi più importanti delle conferenze pre-partita;
- è possibile raggiungere un pubblico più vasto (internazionale, chiaramente) e avvicinare alla società persone appartenenti a qualunque fascia d’età: i social sono utilizzati soprattutto da dispositivi mobili ed è giusto ricordare che oggi anche bambini e anziani sono in possesso di uno smartphone. Questo consente di avere maggiore visibilità.
Anche i tifosi traggono beneficio dalla presenza della propria squadra del cuore sui social network: in questo modo, difatti, possono sentirla più vicina e raggiungibile; possono conversare soltanto con persone che condividono la stessa passione; i contenuti sono facilmente accessibili.
Alcune delle ultime campagne di comunicazione dei maggiori club italiani, diffuse proprio tramite i social network, evidenziano la consapevolezza di voler rendere il tifoso non più soltanto un cliente, ma un membro attivo della società, dandogli la possibilità di compiere delle scelte (ad esempio per il match Inter-Juve è stata data la possibilità ai tifosi nerazzurri di scegliere l’inno da ascoltare al momento dell’ingresso in campo della squadra), rendendoli sempre più partecipi della vita del club.
La comunicazione dei club calcistici oggi, quindi, è in sostanza orientata verso il tifoso e diventa più efficace se diffusa tramite i social network.
E-commerce oltre quota 16 miliardi
Sempre più beni fisici entrano nel carrello digitale della spesa, ma per il momento i servizi hanno ancora un peso dominante. È questa l'evoluzione che contraddistingue l'e-commerce B2C in Italia, dove i prodotti sono all'inseguimento dei servizi. Quest'anno i primi hanno raggiunto quota 6,7 miliardi (+21% sul 2014) di acquistato, mentre i servizi si avvicinano ai 9,9 miliardi (+12%) e valgono il 60% del mercato. Nel complesso le vendite B2C superano i 16,6 miliardi con un aumento di oltre il 16%, e una penetrazione sul totale delle vendite che arriva al 4 per cento.
I settori trainanti sono il turismo (+14% sul 2014), l'hi-tech (+21%), l'abbigliamento (+19%) - trainato da pesi massimi come Yoox o Zalando - per finire con l'editoria (+31%, pari a un aumento di 140 milioni), soprattutto grazie all'acquisto di libri.
È la fotografia che emerge dalla tredicesima edizione dell'Osservatorio eCommerce B2C curato da Politecnico di Milano e da Netcomm che viene presentato oggi.
«Quest'anno - spiega Riccardo Mangiaracina, direttore dell'Osservatorio - i prodotti emergenti acquistati online sono quelli dei settori alimentare, grocery e largo consumo confezionato, bellezza, giocattoli, mobili e complementi d'arredo, che nel complesso valgono poco più di un miliardo di vendite, mentre qualche anno fa non erano nemmeno rilevati». Un altro fenomeno del 2015 è legato alla maggiore presenza dei prodotti artigianali. Un aiuto arriva dai pesi massimi dell'e-commerce che agevolano la presenza di start up e artigiani. Ne è un esempio la categoria “made in Italy” di Amazon, vetrina planetaria in cui si concentra l'offerta dei prodotti artigianali e delle micro imprese locali. Altri giocano invece la carta dell'aggregazione come, per esempio, le start up Velasca, Lanieri, Quattrocento, Segno Italiano e Luca Fanoni, presenti online con prodotti complementari. Molte piccole realtà aggiungono l'e-com al sito aziendale, come Umberto Brignone, 23 anni, terza generazione di maestri pasticceri che dalle Langhe vende online in tutta Europa i Droneresi, specialità locali.
Altri trend di successo sono quelli degli aggregatori, vere e proprie vetrine virtuali dei negozi online a cui si aggiungono le vendite flash e private per finire con i portali alberghieri. «Nel complesso generano il 37% del fatturato consumer e crescono con un ritmo superiore alla media» aggiunge Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori digital innovation del Politecnico di Milano.
Sul fronte dei servizi è il turismo a fare la parte del leone: vale 7,8 miliardi, quasi metà dell'e-commerce B2C nazionale. Oltre ai biglietti, ci si rivolge alle agenzie di viaggi online per prenotare hotel e ai siti delle compagnie per le crociere. La voce assicurazioni vale 1,2 miliardi, mentre i servizi, come le ricariche o i biglietti per eventi, altri 890 milioni.
Qual è il profilo degli acquirenti? «Sono 11 milioni gli e-shopper abituali dell'e-commerce - risponde Roberto Liscia, presidente Netcomm -, perlopiù nella fascia di età tra i 30 e i 55 anni, prevalentemente uomini e che almeno una volta al mese assolvono anche la funzione di “responsabili degli acquisti digitali” per la famiglia. Nei primi sei mesi dell'anno il 57% dei beni acquistati era un prodotto fisico, con un trend superiore a quello dei servizi e beni digitali». La loro spesa pro capite annua ammonta a 1.280 euro contro i 320 degli e-shopper sporadici e nel 96% si paga con carta di credito e Paypal. «Notiamo un aumento delle vendite di grandi elettrodomestici e prodotti di fascia alta - conclude Edoardo Giorgetti, managing director di Banzai ecommerce -. Crescono anche gli acquisti in mobilità, da smartphone e tablet».
La birra Peroni si beve Budweiser
AB InBev compra SabMiller per 91 miliardi di euro: il gruppo controllerà 1/3 del mercato. Il nodo Antitrust
Nel mondo delle bionde si brinda alla quarta fusione più ricca della storia dell'economia. Dopo un lungo corteggiamento SabMiller e AB InBev, i due colossi delle birre, andranno a nozze portando in dote 68 miliardi di sterline (91 miliardi di euro, 104 miliardi di dollari). Numeri da capogiro che secondo Business Insider sono stati superati solo dalle operazioni Time Warner-Aol (186,2 miliardi di dollari), Vodafone-Mannesman (185 miliardi) e Verizon-Cellco (130 miliardi). Quanto al mercato britannico, il precedente record spettava alla fusione da 47 miliardi di sterline fra British Gas e Royal Dutch Shell.
Dopo ben tre offerte, tutte rispedite al mittente, alla fine il colosso britannico-sudafricano SabMiller è capitolato accettando l'offerta di acquisto dal leader del settore, il gruppo belga-brasiliano AB InBev che acquisirà le azioni per 44 sterline (prima offerta da 38 sterline), valorizzando la capitalizzazione della ex rivale circa 71 miliardi di sterline. Il prezzo riconosce un premio del 50% rispetto al valore del titolo il 14 settembre, il giorno prima che partissero le speculazioni sull'operazione. Una potenza di fuoco che farà lavorare molto le autorità Antitrust. Anche se gli analisti sembrano ridimensionare i rischi, ci vorrà oltre un anno perché tutte le autorità nazionali possano approvare l'operazione. Che il problema Antitrust esista, lo prova il fatto che AB InBev si è impegnata a pagare 3 miliardi di dollari (2,64 miliardi di euro) nell'eventualità che l'accordo salti (la firma finale è attesa il 28 ottobre).
A nozze celebrate, Peroni, Nastro Azzurro, Grolsch e Pilsner Urquell, tra i marchi più importanti di SabMiller, si uniranno dunque agli oltre 200 brand di AB InBev, tra cui Budweiser, Corona e Stella Artois. La megafusione darà vita a un gruppo da più di 250 miliardi di euro di capitalizzazione, che opererà in tutti i principali mercati della birra e aprirà al gruppo belga brasiliano le porte dell'Africa. Tuttavia, il nuovo colosso controllerà "solo" un terzo del mercato mondiale. «Questo perché nel mondo delle birre c'è una elevata frammentazione - spiega un analista - e si sono fatti strada con prepotenza i produttori di birre artigianali». Insomma, sembra che i piccoli birrai si stiano accaparrando sempre più bevitori contribuendo al rallentamento dei grandi, soprattutto negli Usa. I birrifici artigianali, secondo i dati della Brewers Association, detenevano oltre il 18% delle vendite di birra al dettaglio nel 2014, in crescita del 3% rispetto al 2013. Per contro, il volume complessivo di birra è cresciuto negli Stati Uniti soltanto dello 0,5% nel 2014, e calato nel mondo dell'1%. La mega fusione è stata quindi studiata per contrastare questo mercato e per la crescente crisi dei Paesi emergenti. D'altra parte SabMiller è diventata quello che è oggi dopo 20 anni di acquisizioni: dalla colombiana Bavaria all'australiana Foster's nel 2011, si è trasformata da semplice produttore di birra del Sud Africa a numero due del mondo. E lo stesso vale per Ab InBev che in 10 anni ha investito 100 miliardi di dollari per fare razzia di produttori. In Borsa la notizia è stata valutata positivamente: SabMilleer ha messo a segno un rialzo del 9% e InBev dell'1,66 per cento.
Da oggi NUTELLA parla proprio come te ...!
Nutella ha lanciato una campagna di social media marketing per presentare i nuovi barattolini che parlano i dialetti d'Italia.
“Da oggi Nutella parla proprio come te”. Con queste parole – diffuse sui propri canali social – la multinazionale fondata da Pietro Ferrero nel 1964 ha lanciato la sua nuova campagna di social media marketing ideata proprio per l’Italia. O per le varie parti di cui è composta visto che, in fondo, questo è il Paese dai mille volti. La regina della crema alla nocciola ha così messo in vendita migliaia di vasetti con su scritto il buongiorno nei vari dialetti della penisola nostrana (più il Napoletano, visto che l’Unesco ne ha riconosciuto il patrimonio come lingua). Da questo immenso lavoro, sono scaturite ben 135 espressioni molto simpatiche – che avvicinano il brand ad ogni tipo di consumatore – frutto dello studio di ben 16 aree geografiche.
La sofferenza di molti è causata dall'incapacità di pochi
Spesso uomini mediocri vengono scambiati per statisti
Le più gravi catastrofi avvengono spesso per un insieme di motivi banali, per errori grossolani di valutazione, talvolta per invidia, per ignoranza, per rancori personali, per vendetta.
Le grandi decisioni della storia, il «grande gioco» come viene chiamato, vengono pur sempre prese da uomini che hanno le nostre stesse emozioni, le nostre stesse illusioni, le nostre stesse debolezze.
Non c'è un vero motivo per cui è avvenuta la Prima guerra mondiale da cui l'Europa, padrona del mondo, è uscita mortalmente ferita. Hanno giocato un ruolo l'ambizione del Kaiser, lo strapotere coloniale inglese, l'età avanzata dell'imperatore, i nazionalismi ed anche l'incapacità dei militari di capire come si sarebbe svolto il conflitto. E quelli che allora apparivano come grandi statisti, grandi generali erano in realtà uomini mediocri, arrivati al potere perché astuti, abili nelle manovre politiche e di corridoio.
A volte la catastrofe dipende dall'errore o dalla debolezza di uno solo. La divisione dell'Europa e la Guerra fredda sono dovute al fatto che F.D. Roosevelt, malato e indebolito intellettualmente, non ha capito che Stalin mentiva e che, occupata la sua parte di Europa, vi avrebbe installato dei regimi comunisti. Napoleone si è fermato tanto tempo a Mosca perché aspettava scioccamente che lo zar (che si trovava a San Pietroburgo) gli chiedesse la pace. L'attuale crisi del Medio Oriente è dovuta alla crassa ignoranza di due presidenti americani: G.W Bush e Barack Obama che non sapevano niente del mondo islamico ed erano fermamente convinti che, tolto di mezzo il tirannello locale, paesi come Afghanistan, Irak, Siria e Libia sarebbero divenuti pacifiche democrazie filoamericane. Invece vi sono esplosi movimenti integralisti antiamericani come i talebani e il califfato, armati da paesi che erano storici alleati degli Usa: Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Quanto al pacifista e moralista Obama, non sapeva nemmeno che c'era una guerra fra sunniti e sciiti e così si è alleato e messo in conflitto con tutti e due. La tragedia della Siria è conseguenza di questa sua contraddizione ed inerzia al punto che persino il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon ha protestato e chiesto di arrivare ad una decisione.
Ricordando Steve Jobs
«Non accontentatevi mai e non abbiate paura delle sconfitte. Da lì arrivano le svolte migliori». Oggi ricorre l’anniversario della morte di Steve Jobs (5 ottobre 2011). siamo andati a rileggere il famoso discorso agli studenti di Standford: sempre bellissimo e attuale.
«Voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Solo tre storie. La prima verte sulla tematica dell’”unire i puntini” di una vita. Quando ero giovane ho lasciato l’università dopo soli sei mesi, ma ho continuato a seguire i corsi per un altro anno e mezzo, poi me ne sono andato definitivamente. Perché l’ho fatto? E’ iniziato tutto prima che nascessi. La mia madre biologica era una giovane studentessa universitaria e quando rimase incinta decise di darmi in adozione. Voleva a tutti i costi che io fossi adottato da una coppia di persone laureate, e si adoperò affinché le cose fossero organizzate per farmi vivere nella casa di un avvocato e di sua moglie. Sfortunatamente quando nacqui, questa coppia cambiò idea all’ultimo momento e decise che voleva adottare una femmina. Così, i miei futuri genitori adottivi, che erano al secondo posto nella lista d’attesa, ricevettero una telefonata nel bel mezzo della notte: «C’è un bambino, un maschietto, inatteso. Lo volete?». Loro risposero: «Certo!». In seguito la mia mamma biologica scoprì che questa coppia non era laureata: la donna non aveva terminato il college e l’uomo non si era neppure diplomato al liceo. Pertanto si rifiutò di firmare le ultime carte relative all’adozione. Cambiò idea alcuni mesi dopo, quando i miei genitori adottivi promisero che un giorno mi avrebbero mandato al college. E 17 anni dopo ci andai. Ma ingenuamente ne scelsi uno costoso quanto Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori furono investiti per pagarmi le rette. Dopo sei mesi non riuscivo a trovare il reale valore di tutto ciò. Non sapevo minimamente ciò che avrei voluto fare della mia vita e non immaginavo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Intanto stavo dilapidando tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta una vita. Così decisi di mollare e di continuare ad avere fiducia: tutto sarebbe andato bene lo stesso.
La prima storia riguarda un corso di calligrafia
All’epoca fu molto dura prendere una tale decisione, ma se guardo indietro è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso nella mia vita. Al momento dell’abbandono del college, smisi di seguire i corsi che non mi interessavano e iniziai a seguire invece quelli che trovavo più interessanti.
Non è stato semplice. Non avevo una stanza nel dormitorio, ero costretto a dormire per terra nelle camere dei miei amici. Per comprarmi da mangiare riportavo al venditore le bottiglie di Coca-Cola in cambio di cinque centesimi di deposito, e camminavo per sette miglia in giro per la città, ogni domenica notte, per guadagnarmi finalmente un buon pasto settimanale al tempio degli Hare Krishna. Lo adoravo. Ma tutto quello che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato poi senza prezzo. Vi faccio un esempio.
Il Reed College all’epoca offriva forse i migliori corsi di calligrafia del Paese. Nel campus, ogni poster e ogni etichetta erano scritte a mano con calligrafie stupende. Avevo abbandonato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito quello di calligrafia per imparare a scrivere in quel modo. Fu lì che imparai morfologia e utilizzo dei caratteri Serif e Sans Serif (???? ), le differenze tra gli spazi tra le combinazioni di lettere, compresi che cosa rende grande una stampa tipografica testuale. Fu bellissimo e io lo trovavo affascinante.
Nessuna di queste cose aveva però alcuna speranza di trovare un’applicazione pratica nella mia vita. Ma 10 anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo computer Macintosh, tutto mi tornò utile. E lo veicolammo nel Mac. È stato il primo computer con caratteri tipografici di grande qualità. Se non avessi partecipato al corso di calligrafia, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o spaziati con criteri proporzionali. E visto che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con tali caratteristiche. Se non avessi abbandonato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di calligrafia e i personal computer ora avrebbero potuto essere scevri delle capacità di tipografia che invece possiedono. Certamente era impossibile per me, all’epoca in cui ero al college, “unire i puntini” guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto evidente guardando indietro 10 anni più tardi.
Quindi, non è possibile “unire i puntini” guardando avanti; si possono unire solo a posteriori, guardando indietro. Pertanto bisogna aver sempre fiducia che i puntini in qualche modo, nel vostro futuro, si uniranno. Dovete credere in qualcosa: il nostro ombelico, destino, vita, karma, qualsiasi cosa. Questo approccio non mi ha mai abbandonato e ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La seconda storia riguarda l’amore
Sono stato fortunato: ho scoperto presto cosa fare nella vita. Woz (Steve Wozniak) e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple da noi due nel garage è passata a essere una compagnia da 2 miliardi di dollari con più di 4.000 dipendenti. Avevo appena compiuto 30 anni quando sono stato licenziato. Come si può essere licenziati dall’azienda da te fondata?
Beh, quando Apple era cresciuta, avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me. E per il primo anno le cose andarono bene. Ma poi le nostre visioni circa il futuro iniziarono a divergere e alla fine ci scontrammo. A questo punto, il Consiglio di Amministrazione si schierò dalla sua parte. A 30 anni ero fuori. E in modo plateale. Quello che era stato l’obiettivo principale della mia vita era andato perduto e io ero distrutto.
Per alcuni mesi non sapevo davvero che fare. Sentivo di aver tradito la generazione di imprenditori prima di me; come se avessi perso la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce cercando di scusarmi per aver fallito così miseramente. Era stato un fallimento pubblico e io pensai anche di scappare via dalla Silicon Valley.
Ma qualcosa cominciò a sorgere lentamente in me, amavo ancora le cose che avevo fatto. L’evoluzione degli eventi con Apple non modificò di una virgola il mio atteggiamento. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare. Non me ne reso conto, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la cosa migliore che mi potesse accadere. La pesantezza di avere successo era stata sostituita dalla leggerezza di essere ancora un esordiente, molto meno sicuro su ogni cosa. Ciò mi permise di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi, fondai un’azienda chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar e mi innamorai di una donna fantastica che sarebbe divenuta mia moglie. La Pixar creò il primo film in animazione digitale Toy Story, e attualmente è lo studio di animazione di maggior successo al mondo. In un considerevole susseguirsi degli eventi, Apple ha poi comprato NeXT, io sono ritornato ad Apple e la tecnologia che abbiamo sviluppato a NeXT è al centro dell’attuale rinascita di Apple. Inoltre Laurene e io abbiamo costruito una splendida famiglia. Sono alquanto certo che niente di tutto questo sarebbe accaduto se Apple non mi avesse licenziato. Fu una medicina dal sapore decisamente amaro, ma ritengo che il paziente ne avesse necessità.Qualche volta la vita ti colpisce alla testa con un mattone. Ma non bisogna perdere la fede. Sono convinto che l’unica cosa che mi abbia fatto andare avanti sia stato l’amore per ciò che ho fatto. Bisogna trovare quel che si ama. E questo è vero sia per il nostro lavoro sia le persone amate. Il lavoro riempirà gran parte della vostra vita, e l’unico modo per essere davvero soddisfatti è fare ciò che crediamo essere un ottimo lavoro. E l’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che facciamo. Se non l’avete ancora trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Ve lo dico con tutto il cuore, lo capirete quando lo troverete. E, come in tutti i grandi rapporti, migliorerà con il trascorrere del tempo. Quindi, continuate a cercare fino a quando lo troverete.
La terza storia riguarda la morte
Quando avevo 17 anni, lessi una citazione che diceva più o meno così: «Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, un giorno constaterai che hai fatto bene». Ciò mi colpì e da allora, nei 33 anni successivi, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, avrei voglia di fare quello che sono in procinto di fare oggi?”. E ogni volta che la risposta è stata no per troppi giorni di seguito, so che devo cambiare qualcosa.
Ricordarmi che morirò presto è lo strumento più importante che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutte le paure di imbarazzo o fallimento – svaniscono dinanzi alla morte, lasciando solo ciò che è davvero importante. Ricordarci che stiamo morendo è il modo migliore che io conosca per evitare la trappola di pensare che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.
Circa un anno fa, mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto una Tac alle 7.30 del mattino che ha mostrato chiaramente che avevo un tumore al pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse il pancreas. I dottori mi dissero che questa tipologia di cancro era il più delle volte incurabile e che la mi aspettativa di vita era di 3-6 mesi. Il mio dottore mi disse di mettere ordine nei miei affari (che nel linguaggio medico significa preparati a morire). Significa prepararsi a dire in pochi mesi ai tuoi figli tutto quello che credevi di poter dire loro in dieci anni. Significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Significa dire i tuoi addio.
Ho vissuto con quella diagnosi tutto il giorno. In tarda serata ho fatto una biopsia, ossia mi hanno infilato un endoscopio giù per la gola, attraverso lo stomaco sino all’intestino, mi hanno inserito un ago nel pancreas e prelevato alcune cellule dal mio tumore. Ero sotto anestesia ma mia moglie ,che era lì, mi ha detto che quando i medici hanno visto le cellule sotto il microscopio hanno cominciato a piangere, perché è risultato essere un tipo di cancro al pancreas molto raro e curabile con l’ intervento chirurgico. Ho fatto l’intervento e adesso sto bene.
Questa è stata la volta in cui sono andato più vicino alla morte e spero che resti tale per qualche altro decennio. Essendoci passato, adesso posso raccontarvelo con un po’ più di certezza rispetto a quando la morte per me era solo un concetto astratto. Nessuno vuole morire. Anche le persone che anelano al paradiso, in realtà non vogliono morire per andarci. Ma la morte è la fine che tutti condividiamo. Nessuno le è mai sfuggito. E così deve essere, perché la morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della vita. E’ l’agente di cambiamento della vita. Spazza via il vecchio per fare posto al nuovo. Ora il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, diventerete gradualmente il vecchio e verrete spazzati via. Scusate se sono così drastico, ma è vero.
Il tempo è limitato, non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro
Non fatevi intrappolare dai dogmi, ossia vivere seguendo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il frastuono delle opinioni altrui soffochi la vostra voce interiore.
E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. Essi sanno già che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Fonte http://millionaire.it/
Social customer care: il presente e il futuro dell’assistenza clienti
Le aziende si introducono nelle conversazioni on line per aiutare gli utenti a risolvere i problemi, dando vita a forme di social customer care.
Il web è ormai divenuto il luogo principe in cui nascono e si sviluppano le conversazioni intorno ad un brand. Le persone sono abituate a conversare ed esprimersi su diversi canali generando una grande quantità di materiale che le aziende devono imparare ad utilizzare per capire quali sono i bisogni dei consumatori e per capire che percezione si ha del proprio prodotto. Non sono rari -anzi si sta sempre di più delineando come prassi- i casi in cui è l’utente stesso a coinvolgere l’azienda all’interno delle conversazioni dando vita ad una forma di social customer care.
QUALI SONO LE DINAMICHE DI QUESTA RELAZIONE?
L’utente ha un problema e rende partecipe la comunità on line, menziona l’azienda e l’azienda è chiamata a rispondere. Le persone vogliono essere ascoltate e cercano il dialogo diretto con il brand, non a caso sempre più utenti ormai contattano direttamente il canale social del brand nel momento del bisogno, sostituendo le classiche abitudini come la telefonata al servizio clienti o le code presso il centro assistenza. Uno dei motivi di questa scelta potrebbe risiedere nella gratuità del servizio, ma il vero punto forte è la risposta rapida e di qualità, una risposta personalizzata e definitiva, che dovrebbe avvenire in tempo reale, senza rimandi o passaggi superflui. La presenza di un servizio di social customer care richiede un team efficiente di collaboratori affinchè non diventi controproducente per il brand stesso, bisogna dunque stabilire attentamente la strategia da utilizzare (competenze da distribuire all’interno dell’azienda, tempestività di risposta, linee guida aziendali, netiquette, personalità del brand, tono di voce) e ricordarsi che dietro ogni richiesta di assistenza c’è sì una piccola crisi ma che questa si può anche abilmente trasformare in una risorsa.
E-commerce: in Cina cresce del 59,4%
La crescita economica del paese migliora anche grazie agli acquisti online.
Nel 2014 in Cina le vendite on line hanno portato un fatturato di 16.390 miliardi di yuan, pari a 2.680 miliardi di dollari, segnando un aumento del 59,4% rispetto al 2013. Le cifre sono state presentate dall’Ufficio nazionale di Statistica cinese e confermano che l’e-commerce contribuisce per una buona parte a sostenere la crescita economica del paese, la quale ha fatto segnare un + 7% nei primi sei mesi dell’anno.
Gli acquisti online sono certamente favoriti dalla diffusione sempre crescente della tecnologia tra i consumatori: alla fine del mese di giugno, secondo i dati diffusi dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, il numero di utenti Internet in Cina ha raggiunto quota 668 milioni, circa 19 milioni in più rispetto alla fine del 2014 (+2,9%). E un ruolo importante lo giocano anche gli smartphone, che si stanno diffondendo con una velocità sempre maggiore.
Per quanto riguarda invece le piattaforme elettroniche tramite cui avvengono gli acquisti, le sole Taobao, Tianmao e Jingdong, hanno realizzato uno scambio commerciale di 6.220 miliardi di yuan, occupando il 90% del valore totale.
E-merchandising: cosa cambia nell’online
Come cambiano i pilastri del merchandising se adattati al web?
Il prodotto giusto, nel momento giusto, al posto giusto, nella giusta quantità, al cliente giusto, e con le informazioni giuste. Questi secondo Charles Kepner sono i pilastri del merchandising, descritti in uno dei testi di riferimento per la materia che si intitola “Modern Supermarket Operations”.
Ma per i negozi online la sfida si fa più complicata. Non esistono più le barriere fisiche: l’offerta è dematerializzata, la scelta da parte dei consumatori non avviene più in una sola volta all’interno di uno spazio ben definito (situato magari vicino casa), la superficie di esposizione è illimitata e la comparazione di prezzi e prodotti è pressoché infinita.
Ma allora come si fa ad ottimizzare la presenza dei prodotti negli scaffali? Ecco come Kepner ha adattato i suoi pilastri all’e-merchandising:
Il prodotto giusto è quello facilmente accessibile.
La struttura del sito diventa fondamentale: la navigazione deve essere agevole in quanto l’esperienza del cliente è condizionata dal sua viaggio verso l’acquisto e se questo non è piacevole difficilmente si completerà l’acquisto oppure si tornerà in futuro sullo stesso sito.
Il momento giusto si è frammentato nel tempo e nel luogo.
Per questo il cliente va contattato in ogni potenziale punto di contatto e le risposte vanno fornite attraverso i diversi canali di comunicazione e adattate al contesto. Inoltre le informazioni ricevute nei diversi momenti e luoghi del contatto non devono andare perse ma memorizzate per essere utilizzate nei successivi contatti.
La buona quantità può riferirsi al tempo speso per l’acquisto.
La capacità di far trascorrere meno tempo possibile tra la decisione di acquisto e il possesso del prodotto può essere un buon elemento di differenziazione dai concorrenti.
Il cliente giusto lo si raggiunge conoscendolo.
Un approccio personalizzato, basato su una approfondita conoscenza del profilo del cliente e dei suoi comportamenti ottimizza le possibilità di acquisto.
La buona Informazione vuol dire fornire dati di qualità.
In un contesto in cui le informazioni a cui il cliente può avere accesso sono infinite, la gestione dei dati che lo raggiungono diventa strategica. Meglio pochi dati di buona qualità, che vengono poi arricchiti nel tempo (magari durante i contatti successivi).
La fonte del successo è il capitale umano
Attitudine e competenze personali sono fattori chiavi per il successo imprenditoriale.
Secondo un report di Unione Camere e Svg in Italia si contano 3200 startup innovative, ma ancora troppe hanno difficoltà a trovare non solo capitali finanziari ma anche capitale umano.
Oggi la quota di capitale umano e intangibile di un’impresa ha sempre più un peso maggiore rispetto al capitale fisico. Questo vuol dire che per molte delle nuove attività imprenditoriali il successo è nascosto proprio nel capitale umano -inteso come l’insieme di competenze, attitudini e abilità delle risorse umane- oltre che alla rete di relazioni e alla caratteristiche d’insieme del team di lavoro. Per ampliare il proprio personale non ci si ferma all’alta professionalità, ma serve talento e una forte automotivazione. Il profilo dello “startupper perfetto” non esiste ma esistono strumenti per analizzarne le caratteristiche e valutarle.
Andrea Rangone, responsabile Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, parla per esempio di un’analisi psicologica per rilevare caratteristiche quali la determinazione, la leadership o la resilienza, la propensione al rischio e il coraggio. Aspetti psicologici che sono fondamentali per creare le basi per avere un futuro.
Anche Francesco Saviozzi, professore di Strategia e imprenditorialità alla Sda Bocconi, individua quattro elementi necessari per avere attitudine imprenditoriale:
1) orientamento al risultato;
2) confidenza e visione di insieme sulla gestione;
3) resilienza ai cambiamenti che può subire il progetto;
4) sguardo fisso sulle occasioni di innovazione strategica.
Saviozzi afferma anche che oltre a competenze tecniche e professionali specifiche bisogna sviluppare una buona capacità relazionale, tale da diventare una leva strategica per il successo.
Importante progetto di ricerca sulla valutazione e sviluppo del potenziale dei neo-imprenditori è STEPS, realizzato dalla Fondazione Human Plus con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e con il Dipartimento di Ingegneria gestionale e della produzione del Politecnico di Torino. STEPS-STartuppers and Entrepreneurs Potential Survey è un strumento che analizza caratteristiche, motivazioni, competenze, network sociale e valuta i fattori del capitale sociale e del capitale umano. Il processo si svolge per il 75% via web con un questionario e un test psicologico e per il restante 25% “dal vivo”, un assessment di gruppo e un colloquio individuale. Il focus si restringe alla fine soltanto sul capitale umano, dal momento che “STEPS si basa sul capitale umano perché coincide con il team, e il team coincide con l’impresa” spiega Alberto Carpaneto, direttore di Human Plus. Il team e le competenze sono i fattori al centro della valutazione anche per Timothy O’Connell, accelerator director di H-Farm, incubatore di startup di Roncade (Treviso).
Mercati globalizzati e instabili, ipercompetitività, accelerazione dell’innovazione tecnologica rendono sempre più difficile conservare nel lungo periodo il proprio vantaggio competitivo. Le startup e tutte le imprese per sopravvivere e avere successo hanno bisogno di investire nel capitale umano. Insomma come afferma il progetto STEPS "prima #imprenditore, poi #impresa".
Serie A, la denuncia di Vittorio Feltri: "Troppi calciatori stranieri in Italia"
La serie A appena cominciata ha già dato un segnale catastrofico in chiave di futuro per il calcio italiano. Basta guardare le rose delle squadre per rendersi conto come solo 89 giocatori su 220 abbiano sul passaporto la nazionalità italiana, appena il 40%. Una cifra che secondo Vittorio Feltri su Il Giornale non solo: "è la sintesi della crisi dello sport nostrano più popolare: spicca anche l'insipienza della maggioranza di coloro che lo gestiscono, ovviamente con i piedi, cioè gente più intenta a badare ai propri interessi personali che non a quelli dei tifosi e delle società da cui percepiscono lauti compensi".
Gli stipendi - Il sospetto strisciante secondo Feltri è sulle cifre che raggiungono gli ingaggi ai calciatori stranieri nei nostri campionati e nel mirino ci sono dirigenti, direttori sportivi, addetti al mercato, perfino allenatori: "Da anni sono adusi a comprare calciatori dall'estero, inclusi numerosi brocchi, tutti superstipendiati, il che fa pensare che certi affari non siano ispirati al desiderio di ingaggiare i miglior fichi del bigoncio, bensì a quello di spartire con i mediatori (i procuratori) ricche mazzette esentasse". Così come il livello di corruzione nel Paese è diffuso tanto nelle Pubblica amministrazione quanto nella sanità, Feltri taglia corto e punta il dito: "Il sospetto fondato è che anche il pallone sia governato da ladri immatricolati avviati a distruggere la passione calcistica".
Il declino - Quello in ballo è proprio il futuro del calcio, con tutto quello che rappresenta in termini sociali e culturali: "Una squadra di calcio rappresenta una città - scrive Feltri - se viene privata della sua identità perde il senso della propria esistenza, diventa una compagnia anonima di guitti e non ce la fa a scaldare i cuori degli aficionados". Peggio andrebbe per la Nazionale, che si ritrova ormai a non trovare più giocatori di livello da cui attingere, perché sempre meno impiegati nella massima serie. Solo pochi casi continuano a servirsi di calciatori italiani, come le neopromosse Carpi e Frosinone, oltre che Sassuolo ed Empoli: "Una minoranza esigua - aggiunge Feltri - insufficiente a garantire nuovi talenti da mettere a disposizione degli azzurri".
Il futuro - E poi c'è il segnale che arriva dalle nuove generazioni, frutto anche della globalizzazione che: "Sta azzerando non solamente l'economia basata sul settore manufatturiero, che era la nostra specialità, ma anche il football. O si reagisce o si sparisce - chiude Feltri - I nostri nipoti se ne fregano della Juve e del Milan, della Roma e dell'Inter: tifano per il Real Madrid e il Barcellona. Ci sarà un perché".
Instagram Advertising: la nuova sfida di Zuckerberg
Instagram Advertising: Mark Zuckerberg punta ad utilizzare il "social delle foto" come nuovo strumento di advertising entro il 2015
Instagram sta per compiere il grande salto: essere utilizzato dal punto di vista commerciale. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo sul “social network delle foto” sono apparse migliaia di inserzioni occasionali e generiche, non profilate e simili più o meno per tutti. Un approccio all’ advertising ed alla targetizzazione che sembra giustificare (ora) l’elevato investimento effettuato da Mark Zuckerberg nel 2012. Instagram, infatti, cambierà radicalmente: grazie ai nostri like, il social network saprà la nostra età, le nostre passioni e ciò che non ci piace fare. Al momento, secondo Business Insider, la possibilità di un “Instagram Advertising” è riservata soltanto ai brand multinazionali presenti in otto mercati (Stati Uniti, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito).
Secondo una recente ricerca di eMarketer, entro due anni, Instagram supererà Google e Twitter in quanto a ricavi per annunci display su smartphone (che raggiungeranno quota 2,39 miliardi – pari al 10% dei ricavi di Facebook). L’ Instagram advertising rappresenterà il futuro commerciale del social, sarà destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni: entro il prossimo inverno infatti, sarà possibile utilizzare gli strumenti per l’acquisto di spazi pubblicitari sul social delle foto, integrandoli direttamente da Facebook, consentendo così ad ogni brand di poter pubblicizzare sul social, acquistando anche gli annunci pubblicitari su Instagram.
A conferma di tale novità, gli sviluppatori, in un post del blog ufficiale hanno dichiarato di voler “dare a tutte le imprese la possibilità di raggiungere le persone giuste attraverso l’integrazione delle API di Facebook e Instagram”. Il motivo di questa scelta – continua il post – è dovuto al fatto che “le persone vogliono entrare in contatto con aziende di ogni dimensione su Instagram, dai loro negozi di abbigliamento preferiti vicino casa ai ristoranti, fino ai più grandi brand del mondo”. Nei prossimi anni dunque, secondo le previsioni di eMarketer , i ricavi pubblicitari di Instagram ( che attualmente rappresentano il 5% dei ricavi pubblicitari mobile di Facebook) aumenteranno fino al 14,0% entro il 2017, con un picco massimo rappresentato dal mercato statunitense (raggiungendo la quota del 28%).
Le competenze più ricercate dalle aziende: nascono le soft skills digitali
Da quando la rivoluzione digitale ha cambiato la nostra quotidianità anche il mondo delle Human Resources ha subito dei mutamenti. Le nuove figure professionali ricercate dalle aziende, infatti, risentono in maniera particolare di tutti gli effetti della digitalizzazione.
Lo scenario delineato dall’ Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano mette in evidenza il mutamento prodotto sul mondo del lavoro dall’avvento della digitalizzazione, attraverso un’indagine condotta sugli uffici risorse umane di aziende medio-grandi.
Quali sono le figure più ricercate?
Lo studio della School of Management afferma che il 47% dei direttori del personale nel 2015 inserirà nuove professionalità e competenze per far fronte alla trasformazione digitale.
Le aree aziendali che risentono maggiormente delle conseguenze della digitalizzazione sono il Marketing (48%), l’IT (47%) e la Direzione risorse umane (47%), seguite da settori come gli uffici legali, della qualità, della sicurezza e uffici acquisti.
Le figure professionali più introdotte nelle aziende sono l’eCRM & Profiling Manager, per migliorare l’efficacia della relazione con la clientela, il Digital Marketing Manager, figura che ha il compito di gestire e ottimizzare le interazioni digitali con consumatori e prospect attraverso i canali social, web e mobile, il Chief Innovation Officer, che propone modelli innovativi per il business dell’impresa per sfruttare al meglio la rivoluzione digitale.
Cosa sono le soft skills digitali ?
“Sono competenze trasversali lette alla luce dell’evoluzione digitale”, spiega Mariano Corso, “cioè le capacità di relazione e le attitudini di comportamento che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali”.
Dunque, si ricercano profili professionali altamente specializzati, ma le competenze digitali sono necessarie anche per chi in azienda non si occupa di svolgere mansioni prettamente tecnologiche. Per sviluppare le soft skills digitali dei propri dipendenti le aziende utilizzano generalmente corsi di formazione interni, mentre per i nuovi dipendenti queste competenze sono ricercate già in fase di selezione.
La selezione del candidato ideale avviene, infatti, attraverso una revisione in chiave digitale delle Soft Skills, competenze che consentano di utilizzare il digitale per cogliere nuove opportunità e migliorare produttività e qualità dell’azienda.
Zalando sbarca in Italia. Aprirà un centro logistico nel nord della penisola
L’ipotesi è che sia ancora Piacenza. Ormai vero e proprio centro logistico, da dove Amazon ad esempio raccoglie e smista su tutto il territorio i prodotti acquistati online. Presto per dirlo. Certo è che anche Zalando arriverà nel nostro Paese. Primavera 2016. Circa un centinaio le assunzioni, appaltate però esternamente ad un fornitore ancora top secret. Il portale tedesco, numero uno in Europa nell’abbigliamento, ha deciso di espandersi oltre confine. Da Berlino, quartier generale di Zalando, fanno sapere che è partita la campagna italiana, mercato ritenuto interessante vista la crescita degli acquisti su Internet anno su anno. Giuseppe Tamola, country manager appena trentenne, è arrivato in Germania trascinato da un amico e ora progetta i piani del gruppo per Italia e Spagna.
Il magazzino dovrebbe raggiungere diecimila metri quadri, emulando le dimensioni di Amazon che a Castel San Giovanni, nel piacentino, in tre anni ha creato uno dei più grandi hub logistici di Europa del colosso guidato da Jeff Bezos. La sensazione è che siamo di fronte ad una rivoluzione per ciò che riguarda il mondo delle spedizioni. Internet sta disintermediando anche i tradizionali canali fisici della distribuzione di abbigliamento e moda. E assumono sempre maggiore forza i portali aggregatori come Zalando, che mettono insieme centinaia di migliaia di articoli acquistabili con pochi clic nelle nostre case in pochi giorni lavorativi. Peccato però che i contratti nel settore della logistica siano spesso orientati alla stagionalità e spesso si tramutino in rapporti di servizio in cui i facchini vengono spesso assunti con la partita Iva pur svolgendo mansioni da dipendente a basso valore aggiunto.
Vedremo quale sarà la politica di Zalando, certo Amazon qualche interrogativo l’ha posto in un comparto in cui la penetrazione sindacale è carente e il lavoro è spesso appannaggio di forza lavoro immigrata con basso o nullo potere contrattuale.
Fonte http://www.corriere.it//
Innovazione tecnologica: le PMI investono
L’innovazione tecnologica è diventata l’obiettivo delle PMI. È questo il dato che viene fuori da una ricerca condotta da ISTAO, Istituto Adriano Olivetti, e che dimostra come nel 2015 l’innovazione tecnologica sia il fattore di successo per il raggiungimento dei risultati.
Che l’innovazione tecnologica fosse vista come uno dei pochi spiragli di luce per la crescita delle PMI era un fatto già consolidato, ma ora è diventato l’obiettivo principale.
La ricerca condotta da ISTAO è stata presentata durante la terza edizione del Festival di Cultura olivettiana, promosso dallo stesso istituto in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti. L’indagine, effettuata su un campione di 140 aziende dell’area adriatica, rivela l’importanza dell’innovazione tecnologica per le PMI e mostra i dati inerenti agli investimenti del 2014 e a quelli previsti per il 2015.
Gli investimenti tecnologici da parte delle aziende hanno rappresentato il 30% del totale nel 2014. Il 20% di questi investimenti è stato destinato in ricerca e sviluppo, mentre all’acquisto di materiale informatico (hardware, software e Ict) è stato rivolto il 2,5%. Il dato più interessante è quello relativo all’investimento in formazione, la cui quota si è fermata all’1%.
Il 2014 aveva segnato un calo di investimenti in tecnologia rispetto all’anno precedente. Se per lo scorso anno vi è stato un calo del 6% sugli investimenti, per il 2015 è previsto un aumento soprattutto destinato alle “nuove tecnologie” e ad impianti di ultima generazione.
”La partita si gioca oggi sulla digitalizzazione dell’impresa -commenta il direttore generale dell’ISTAO, Giuliano Calza – grazie all’incredibile sviluppo che hanno avuto aziende digitali come Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram, Google, il digitale è ormai uno strumento indispensabile per le aziende, anche le più tradizionali; un cammino di ammodernamento e di ripensamento della mission, della strategia e dell’organizzazione”.
“Per comprendere il fenomeno – aggiunge Calza – basta leggere i dati dell’e-commerce; gli acquisti elettronici, grazie ai social media e alla digitalizzazione, continuano a espandersi anno dopo anno in modo esponenziale”.
























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